Finalmente ci siamo. Come un anno esatto fa. Tutto, dall’esordio sontuoso contro i campioni d’Italia al sacco di Bologna, dalla vittoria al fotofinish a Torino su Trapani al -43 subito in Sicilia, dal pollice rotto di Colbey Ross al polpaccio di Denzel Valentine, dalle schitarrate del Barba ai muscoli mostrati da Jeff Brooks: tutto porta a questo momento, al giorno più importante, all’obiettivo più agognato, al sogno più spinto. E’ il giorno di Gara1, da oggi ogni punto vale come un’intero campionato, ogni vittoria deve essere cancellata sulla sirena del quarantesimo minuto ed ogni sconfitta potrebbe decretare la fine della stagione. Il destino mette di fronte due squadre che possono essere considerate, con Trapani e Trento, le sorprese positive, la ventata di novità che ha spezzato il noioso duopolio imperante da troppo tempo sul basket italiano. I due coach risiedono a pieno titolo nel ristretto gruppo di coloro che si giocheranno il titolo di allenatore dell’anno, con Poeta arrivato fra lo scetticismo generale sulla panchina lombarda in un clima simile a quello vissuto un anno prima sulla panchina triestina da Jamion Christian. Ma a parlare, come sempre, non sono gli spalti, i siti web o le pagine dei giornali. A parlare è sempre e comunque il campo, ed il campo racconta di un terzo posto conquistato al termine di una stagione regolare trascorsa praticamente sempre in vetta, fra le prime tre o quattro della classe, a suon di risultati prestigiosi conseguiti giocando una pallacanestro divertente, fisica e decisamente più tradizionale rispetto a quella proposta da Trieste. Dall’altra parte della barricata il campo racconta di un piazzamento fra i migliori di sempre, il migliore se si esclude l’inarrivabile ultima parte dell’era Stefanel, viatico alla riconquista di un posto nelle competizioni europee.
Difficile pensare che a questo punto della stagione ci possa essere qualcuno che si inventi qualcosa di nuovo dal punto di vista tecnico, esercizio che potrebbe anche rivelarsi un’arma a doppio taglio. Al netto di accorgimenti tattici estemporanei, la filosofia cestistica delle otto squadre rimaste a giocarsi il titolo non verrà stravolta, e considerato che ormai tutti conoscono davvero ogni singolo particolare degli avversari, a fare la differenza non potranno che essere la forza mentale, l’approccio, l’esperienza, tutti aspetti sintetizzati nella capacità di non lasciarsi schiacciare dalla pressione da un lato e di rimanere concentrati qualunque cosa succeda in termini di risultati o a livello ambientale dall’altra. A questi livelli anche il fattore campo sarà importante ma non decisivo: per la maggior parte, ad affrontarsi saranno giocatori che hanno già vissuto mille di queste situazioni nelle loro carriere, uomini capaci di trasformare l’energia negativa proveniente dall’esterno in forza di reazione, risultando anche capaci di trascinare i compagni. E’ ovvio che sarà necessaria anche una bella dose di fortuna, quella che permette di arrivare in forma, sani ed al completo quando più conta. In questi giorni eventuali infortuni avrebbero conseguenze potenzialmente decisive sulle intere serie, ed al di là di quel poco di allenamento, di richiamo atletico e di lavoro di recupero che potrà essere possibile fra una partita e l’altra, a fare da vero sesto uomo (anzi, donna….) non potrà che essere la dea bendata.
A ben giudicare, se c’è una squadra che dovrà un po’ ripensarsi anche dal punto di vista delle rotazioni è Trieste che, almeno in Gara 1, con l’arrivo di Kylor Kelley e la possibile assenza forzata di Denzel Valentine (su cui non sarebbe certamente andata a cadere la scelta su chi escludere per far posto al nuovo lungo americano) si ritrova molto più fisica sotto canestro, ma anche meno dotata di trazione anteriore, sebbene sia ancora da verificare l’annunciata propensione da parte di Kelley a partire in contropiede mostrando una inaspettata capacità di ball handling. Di certo un maggior presidio del pitturato può essere propedeutico a disinnescare il pericolo pubblico numero uno, quel Miro Bilan capace di mandare al bar con la sua pallacanestro estremamente tecnica, fatta di movimenti pulitissimi, finte e controfinte, coordinazione e mano educata qualunque lungo incrociato sul suo cammino durante l’ultima stagione. Ma, complice anche un campionato lunghissimo ed un minutaggio che si avvicina ai 30 minuti di media a 36 anni, una staffetta che preveda continuamente in campo uno fra Johnson e Kelley, con Candussi libero di scorrazzare dove più gli piace lontano dal canestro -e dunque costringendo i lunghi avversari ad allontanarsi a loro volta- potrebbe costituire il giusto antidoto al totem croato. Brescia, naturalmente, non finisce qui: anzi, mentre tutti guardano sotto il ferro, Peppe Poeta può disporre di un parco di esterni lungo, dinamico e talentuoso, costituito da giocatori esperti e capaci di colpire da fuori così come di attaccare il ferro, come anche di eseguire in modo perfetto quei penetra e scarica che Trieste ha più volte dimostrato di soffrire oltre misura. Amedeo Della Valle, bandiera bresciana, non ha più la continuità che lo aveva reso uno fra i migliori italiani del campionato nella stagione precedente, ma sa ancora essere decisivo. Chris Dowe può a buon diritto essere considerato il miglior sesto uomo della Serie A, così come un rebus per la difesa triestina sarà anche Jason Burnell, più simile ad un all around che ad una guardia, capace di spingere i contropiede così come di spezzare in due le partite con sequenze tramortenti da tre punti. Ovviamente, doppio lungo a parte, anche Trieste può giocare le sue carte, specie se, come sembra, dovesse rientrare a pieno regime Michele Ruzzier: in coppia con Colbey Ross il play triestino dona alla squadra un secondo e totalmente diverso modo di condurre il gioco, rendendo il flusso offensivo biancorosso sempre imprevedibile. Entrambi amano moltissimo chiudere i pick and roll alzando alley up per i lunghi rollanti, gioco raramente utilizzato con Johnson (che ama ricevere, abbassarsi e provare a concludere da sotto magari subendo fallo) ma che potrebbe tornare ad essere un’arma letale grazie alla spiccata attitudine di Kelley a ricevere ben oltre il ferro per l’affondata a due mani. Posto che limitare le palle perse -dopo aver concluso al sedicesimo ed ultimo posto dopo 30 partite in questa poco invidiabile statistica- è condizione indispensabile per poter anche solo sognare di uscire indenni dal Palaleonessa, un’altra chiave importante sarà anche quella di continuare a dominare a rimbalzo, specie in attacco, e regalarsi seconde chances se la giornata al tiro da fuori non dovesse essere fra le migliori.
Ma, come detto, gli aspetti tecnici lasciano il tempo che trovano, e quello che vale per Gara 1 potrebbe essere totalmente stravolto prima della replica di lunedì prossimo. A dispetto delle quote dei siti specializzati in scommesse, che pagano Trieste Campione d’Italia a quotazioni che variano fra il 60 e l’80 (Bologna e Milano, tanto per fare un paragone, sono date a 2,5-3) l’intero ambiente biancorosso ci crede, ci crede davvero in modo quasi commovente, naif se visto dall’esterno specie da fuori città. Del resto Mike Arcieri, Paul Matiasic e Jamion Christian lo vanno ripetendo dal giorno 1: il nostro obiettivo è vincere tutte le partite, e quello non cambia qualunque cosa succeda. Sul fatto che dicano sul serio, alla luce di quanto accaduto un anno fa, non può esserci alcun dubbio. E proprio l’esperienza passata sconsiglia un po’ tutti dal fare previsioni azzardate. Aspettiamo il campo, unico giudice supremo.
Gli altri tre quarti di finale sembrano sulla carta altrettanto incerti, se non proprio equilibrati. Dalla parte destra del tabellone, quella con Trieste, Trapani affronterà una Reggio Emilia che i siciliani non dovranno commettere l’errore di sottovalutare (gli emiliani si sono imposti in Europa su campi caldissimi). Bologna, la favorita per molti, se la vedrà con una Reyer che si candida a mina vagante nella post season, anche se gli orogranata sembrano un po’ in down fisico nelle ultime tre settimane e la Virtus, sfoltito il roster, è tornata a macinare basket, avversarie e risultati. Ed infine una serie niente affatto scontata fra Milano e Trento, con gli all blacks già capaci di dare un grande dispiacere ad Ettore Messina strappandogli in finale la Coppa Italia. Di certo, almeno, c’è un solo particolare: finalmente non assisteremo alla solita serie finale fra le due corazzate che l’Eurolega ha masticato e gettato in un angolo, con lo scudetto che dunque, alla fine, potrebbe finire con l’essere cucito su una canottiera ancora intonsa. Si parte da 0-0 su tutti i campi, fra un mese si tireranno le somme.