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Grazulis riagguanta per la coda una vittoria impossibile su Trento

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ALLIANZ PALLACANESTRO TRIESTE – AQUILA DOLOMITI TRENTO   70-69

Allianz Pallacanestro Trieste: Banks 19, Fernandez 6, Konate 9, Longo, Deangeli 3, Mian 3, Delia 4, Fantoma, Cavaliero 6, Grazulis 13, Lever 7. All: Ciani

Aquila Dolomiti Trento: Bradford 12, Williams 15, Reynolds 10, Conti, Forray 4, Flaccadori 9, Saunders 12, Mezzanotte, Ladurner 2, Caroline 5. All: Molin

Parziali: 13-14; 32-29; 48-46

Arbitri: Lo Guzzo, Vicino, Boninsegna

Primo: la pallacanestro è uno sport meraviglioso. Al termine di una partita brutta, in cui entrambe le squadre escono dalle due settimane di stop imballate, imprecise e senza ritmo agonistico nelle gambe, 12 secondi di pura follia cestistica minano le coronarie dei (pochi) spettatori dell’Allianz Dome regalando un finale che non poteva risolversi se non con un buzzer beater. Che poi il canestro a fil di sirena sia realizzato dalla squadra che una manciata di secondi prima si trovava sotto di 4 dopo aver subito una stordente bomba di tabella da otto metri dall’imbrendibile Bradford, aggiunge pathos all’intero dramma sportivo. Che sia Banks a bilanciare la bomba di tabella (e la botta di fortuna) pochi istanti dopo sta nella logica delle cose. Che però l’ultima rimessa finisca nelle mani di Grazulis, e che il lettone con il cronometro a scorrere nel cervello si liberi con uno step back da manuale e tiri sulla testa di Flaccadori accarezzando la retina nel momento in cui si accende il contorno rosso del tabellone non era affatto scontato, e di questo bisogna dare il merito alla panchina che ha disegnato l’alternativa per il finale tagliandola addosso al lungo anziché agli scontati Banks o Fernandez. Peraltro il lettone è tornato a godere di una forma simile alla prima metà della scorsa stagione, è tornato autoritario sotto canestro ed è sempre più sicuro dei propri mezzi, specie dopo l’iniezione di fiducia donatagli dall’ottimo doppio impegno con la sua Nazionale. E questo, in un momento di incertezza sul futuro triestino di Sagaba Konate, è una boccata di aria pura per coach Ciani che se non altro si ritrova chili e forza fisica abbinati a gran tecnica nel pitturato.

Secondo: una partita in cui entrambe le squadre tirano con il 40% complessivo dal campo, senza arrivare al 30% nelle triple, è probabile che sia decisa dalle difese. E qui sta il secondo capolavoro di Trieste (definizione esagerata in valore assoluto ma centrata in rapporto alle ultime due uscite): l’Allianz è aggressiva e concentrata fin dalle prime battute, concede meno rimbalzi offensivi rispetto al solito e pareggia il computo complessivo delle carambole, aggredisce mani addosso sui pick and roll approfittando di un metro arbitrale generalmente permissivo, gioca costantemente di anticipo sulle linee di passaggi, non soffre quasi mai i mismatch, limita al massimo la pericolosità da oltre i 6.25 di avversari che la ritrovano improvvisamente nella quarta frazione, e questo, in uno sport che non sia il basket, sarebbe bastato loro per vincere. E, soprattutto, difende benissimo lì dove il piano partita doveva prevederlo, e cioè in post basso dove la versatilità e la verticalità di Reynolds erano alcune delle caratteristiche trentine più temute. Subisce l’estro imprevedibile e fuori dagli schemi di Williams, concedendogli di inventare e realizzare canestri anche improbabili, ma ha il merito di limitarlo nei minuti decisivi.

Terzo: l’Allianz è tornata a ragionare, a non subire contraccolpi psicologici nei momenti più importanti quando gli avversari trovano canestri anche fortunati. Trieste, peraltro, conduce nel punteggio praticamente per 35 minuti, con Trento avanti di 4 solo per 3 secondi fino a 9 secondi dalla fine. Le partite così equilibrate si vincono anche con disciplina mentale e freddezza, ed infatti Trieste non si abbatte quando, ogni volta che prova a fuggire a +5, +7, anche +8 nell’ultimo quarto, viene puntualmente ripresa con veloci contro break. La squadra vista contro Varese o a Venezia avrebbe probabilmente smesso di giocare, pasticciato, improvvisato, concesso rimbalzi offensivi da mancato tagliafuori, si sarebbe arresa davanti all’onda offensiva avversaria. E’ opportuno ripeterlo: la partita non è stata spettacolare e neanche tecnicamente godibile. Per dirla con le parole di coach Molin nel dopo partita, era più simile ad un match di pre campionato che ad una sfida diretta per il terzo posto in classifica. Ma proprio per questo la differenza, che vale due punti, la fa soprattutto la testa. Gli ultimi 12 secondi, intrisi anche di una buona dose di fortuna e dal suicidio di Saunders che passa direttamente il pallone al tavolo segnapunti (anche qui: freddezza? Mentalità?), sono solo la punta dell’iceberg di questa ritrovata fiducia triestina.

L’esultanza dell’Allianz: Grazulis ha appena segnato

I dubbi della vigilia, oltre naturalmente alle grandi qualità tecniche e fisiche degli avversari (reduci da 6 vittorie consecutive), erano naturalmente legati alla capacità dell’Allianz di tamponare l’assenza contemporanea di due piccoli, un playmaker straniero e Luca Campogrande. L’unica alternativa di ruolo, Fernandez, sarebbe stata prevedibilmente oggetto di cure particolari da parte dei difensori trentini, e quindi la responsabilità sarebbe stata, e probabilmente lo sarà per almeno un’altra partita, distribuita sui piccoli “superstiti”: Cavaliero risponde con grande personalità e condizione specie nel primo tempo, come del resto aveva fatto per tamponare le lacune del pulcino Jon Elmore, Banks non si spende nel ruolo di point guard ma è naturalmente il catalizzatore di raddoppi e talvolta triplicamenti sbilanciando la difesa avversaria. In altre parole, i difetti di Corey Sanders sono diluiti dalle caratteristiche delle alternative già a disposizione: pericolosità dal perimetro (Banks, Cavaliero, Fernandez), conduzione del ritmo della squadra (Fernandez), visione di gioco ed esperienza (Cavaliero e Fernandez), imprevedibilità, cattiveria ed istinto del killer (Banks). Detto questo, in un 5+5 l’assenza del play americano per una squadra che ha nel mirino, come primo obiettivo, le F8 di Coppa Italia, è un handicap che può essere temporaneamente mascherato ma non può durare più dei tempi tecnici minimi per la sua sostituzione: il nuovo play sarà Davis? Oggettivamente i tempi si stanno dilatando troppo (distanza economica da colmare?): è un giocatore talmente dirompente da meritarsi tutta questa attesa? Non lo sappiamo. Sarebbe, però, ben più grave la “sussurrata” partenza di Konate, contro Trento tornato ad intimidire e spostare tonnellaggi nel pitturato, mostrandosi solo un po’ timido sui cambi difensivi sul perimetro, in cui arriva spesso in ritardo. La sua sostituzione dovrebbe avvenire con un giocatore di pari caratteristiche, che al momento non sarebbe possibile “diluire” sul resto del roster come nel caso di Sanders: giocatori di questo genere sono talmente rari che vengono assegnati per lotteria, e Trieste l’ha già vinta due volte negli ultimi 4 anni, con Mosley e, appunto, Konate: ripetersi nel giro di pochi mesi potrebbe non essere facilissimo. La prossima sarà una settimana decisiva su entrambi i fronti.

Intanto, fra tensioni, preoccupazioni e vittorie “brutte”, l’Allianz sale a 12 punti riagguantando proprio Trento e prevalendo sulle altre squadre a pari punti per aver vinto gli scontri diretti. Naturalmente, guardandosi indietro, fanno ancora più male le sconfitte contro Varese e, ancora di più, quella con Pesaro. Ma si sa, le stagioni alla fine ridanno quello che si prendono, e le classifiche, in linea di massima, rispecchiano esattamente il valore delle squadre. Pertanto, è conveniente affrontare un impegno alla volta: nel mirino c’è ora la rinnovatissima Fortitudo, ed a Trieste c’è un pistolero che, c’è da giurarci, sta già oliando i meccanismi della sua Colt.

Classifica: 1.Milano (10/0) 2. Virtus (8/2) 3. Trieste (6/4) 4. Treviso (6/4) 5. Trento (6/4) 6. Brindisi (6/4) 7. Napoli (6/4) 8. Venezia (5/5) 9. Tortona (4/5) 10. Reggio Emilia (4/6) 11. Brescia (4/6) 12. Cremona (3/7) 13. Varese (3/7) 14. Sassari (3/7) 15. Fortitudo (2/7) 6. Pesaro (2/7)