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L’oro di Trieste

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Cosa resterà nel setaccio di questa stagione sportiva triestina dopo che l’acqua e tutti gli scarti ed i sedimenti se ne saranno andati?

Trieste nell’estate 2022 si apprestava a vivere un anno importante, per certi versi cruciale: una squadra nella massima serie del basket maschile ed una nella A2 femminile, due in serie A di pallanuoto, una nella seconda serie della pallamano nazionale. Ma quelli che avevano caratterizzato la fine della stagione precedente erano stati mesi difficili, nati dalla drammatica uscita di scena del presidente rossoalabardato romanticamente innamorato della sua Trieste anni 50, quella dei traslatatici che portavano migliaia di suoi concittadini a cercare fortuna oltre oceano, ma anche quella dove inglesi ed americani facevano sognare ai ragazzi del dopoguerra qualunque tipo di futuro. Mesi caratterizzati anche dall’abbandono del colosso assicurativo che aveva traghettato la pallacanestro di vertice dal baratro del possibile fallimento conseguente alle malversazioni partenopee della precedente proprietà verso l’incertezza del nulla costruito in tre anni di vana ricerca di un qualsiasi appoggio economico di rilievo.

La pallamano, per la verità, alla vita difficile era abituata da tempo: durante l’estate, alla luce della drammatica situazione finanziaria, aveva rinunciato alla salvezza faticosamente ma meritatamente conquistata sul campo accontentandosi di più miti (e meno dispendiosi) consigli nella pur impegnativa A2. Quella del 2022 era anche l’estate dell’esultanza per la promozione delle ragazze di Futurosa, che riportavano una squadra femminile di pallacanestro giuliana in Serie A per la prima volta dopo i fasti della Ginnastica Triestina, fasti che ormai solo i genitori, se non i nonni, possono fregiarsi di aver conosciuto dal vivo.

Dal canto loro, i 50 metri d’acqua della piscina Bianchi si apprestavano a godere, per la prima volta, della soddisfazione di ospitare una importante coppa europea, con i ragazzi mai così in alto e le ragazze che avevano allestito una squadra competitiva per affrontare finalmente la serie A con qualche ambizione di poter competere al vertice.

Com’è andata, è inutile ricordarlo.

Il dramma sportivo che ha riportato la Pallacanestro Trieste lì dove aveva languito fino alla primavera del 2018 ha molti padri, è figlia di qualche episodio sfortunato e, forse, di qualche fattore esterno. Ma, essenzialmente, è la logica, diretta conseguenza di quanto costruito negli anni del dopo Alma, dell’assenza di un progetto da perseguire dovuta anche (soprattutto?) alla necessità di fare ogni anno le nozze con i fichi secchi. L’ingresso in corso d’opera di una nuova proprietà venuta da lontano ha forse permesso di concludere la stagione, ma l’epilogo nefasto impedisce di testare da subito l’affidabilità di questi facoltosi studenti prodigio alla prima esperienza con il loro nuovo giocattolo. Ma la retrocessione, sacrosanta sul campo, dopo che acqua e sedimenti se ne sono andati portando con sé bei ricordi di vittorie insperate e qualificazioni inattese, arrabbiature e delusioni, lascia ben poco da conservare, ed anzi instilla una sensazione di missione incompiuta, di occasione persa senza nemmeno provarci, l’amarezza di essere ancora in balia dei denari provenienti da ovunque tranne che da dove dovrebbero arrivare (fatte le debite, lodevoli quanto insufficienti eccezioni).

Può, invece, la salvezza della Triestina essere considerata una pepitina, piccola piccola, da portarsi a casa per poter dire di non aver fatto un viaggio a vuoto? Certo, nella vita tutto è relativo: l’alternativa alla permanenza in terza serie sarebbe stata la debacle più clamorosa e mortificante degli ultimi quarant’anni, perché arrivata sul campo e non in tribunale. Ma una salvezza rocambolesca arrivata al termine di una sequenza infinita di prestazioni ai limiti dell’indecenza, raddrizzata nel finale e conseguita grazie ad un goal al 100esimo minuto della Pro Patria alla penultima giornata, a due jolly pescati nei minuti di recupero dell’ultima partita del campionato a Crema e ad un eurogoal al 92′ al Sangiuliano City (…) su un campo dell’estremo hinterland milanese (tre episodi che equivalgono ad un terno al lotto) non sono certo sufficienti -specie per una società come la Triestina- a lasciare in eredità alcunché di prezioso. Passata la sbornia dei 600 inguaribili ottimisti migrati in Brianza al capezzale dell’Unione e tornati senza voce a tarda notte, anche della stagione della Triestina rimangono nel setaccio solo pietruzze senza valore, un po’ di fango ed una Serie C che peraltro non lascia alcuna garanzia di un futuro migliore. Seppur con l’attenuante di aver raccolto il giocattolo in corsa, i nuovi proprietari si sono distinti per mancanza di programmazione, clamorosi errori di valutazione e di costruzione della squadra, presunzione di poter raddrizzare risultati in corso d’opera con la sola imposizione delle mani, totale assenza nel momento più difficile. La salvezza è la loro occasione di redenzione, la speranza è che non venga sprecata, del resto chi persevera negli errori…..

Anche nel setaccio delle ragazze di Futurosa non resta che qualche piccola pietra colorata, ma soprattutto l’amarezza di sapere che il filone d’oro era stato incredibilmente trovato, e fino a pochissimo dalla fine del campionato le pepite erano belle cicciotte e splendenti al sole. Poi il crollo, all’apparenza inspiegabile, una debacle inarrestabile come una slavina in primavera, una involuzione di prestazioni, convinzione, risultati che costa carissimo. Certo, i presupposti che indicavano questa squadra come la maggiore candidata alla retrocessione non lasciavano particolari margini di ottimismo, ma l’appetito vien mangiando, e quei playoff appena sfiorati, quasi sperati ad un certo punto, costituiscono un peccato di presunzione che riporta le ragazze di Scala nell’anonimato della Serie B.

La Pallamano Trieste prova per tutta la stagione ad insidiare la vetta della classifica, combatte, si batte con fierezza, arriva fino alla semifinale promozione per tornare da subito lì dove il suo blasone imporrebbe di esibirsi. Ma arrivare ad un passo dal sogno è già di per sé stesso un risultato eroico per le condizioni menomate con cui i biancorossi ci sono arrivati, con formazione decimata dagli infortuni che non impediscono comunque ai ragazzi di Radojkovic di insidiare la supremazia dei più forti avversari. La conquista della Serie A Silver è però da considerare una delle rarissime pepite che i cercatori d’oro triestini potranno conservare in questo disgraziato 2023.

Anche la stagione della pallanuoto, specie se filtrata con le altissime aspettative, lascia un retrogusto dolceamaro. I ragazzi non confermano il quarto posto conquistato l’anno prima, e rischiano anche di non qualificarsi per le coppe europee nella prossima stagione. Evidentemente gli impegni su più fronti, i raggruppamenti di Coppa Italia e quelli, sfiancanti, di Eurocup -competizione nella quale hanno raggiunto la semifinale- hanno tolto energie ad una squadra numericamente corta, generosa ma pur sempre costituita da esseri umani. Le ragazze, dal canto loro, rimangono a distanze siderali dal gotha della pallanuoto femminile nazionale, però conquistano un quarto posto che è il loro miglior risultato di sempre. Insomma, dall’acqua clorata della piscina si sono estratte pepite piccole ma di uno scintillante oro puro.

Qual è la costante di questa corsa all’oro che, dopo un difficile inverno, lascia i cercatori d’oro triestini con i nervi a fior di pelle, tanto freddo, tanta delusione e pochi grammi di metallo prezioso? Sempre quella: questa città, che per bocca dei suoi amministratori e dei suoi cittadini più miopi sta vivendo un periodo di vera e propria rinascita, assaltata com’è dai turisti e dalle navi da crociera, contesa dagli investitori di mezzo mondo, in procinto di sbocciare come uno dei porti più importanti del Mediterraneo, crogiolo di interessi all’incrocio di Est ed Ovest, di Nord e Sud che nemmeno gli Asburgo avevano reso più scintillante, non riesce ad esprimere una classe imprenditoriale di taglio elevato che si accorga o si curi delle sue squadre di vertice, che riesca a raccoglierne i cocci, risollevarle, permettere loro di portare con orgoglio ed in modo vincente i colori della città in giro per quell’Europa che si accinge ad essere conquistata. Con la sola eccezione di Enrico Samer, che infatti porta a casa le uniche vere soddisfazioni sportive interamente giuliane. Per il resto, e per il prossimo futuro, accingiamoci a dover rimanere terreno di conquista per cordate più o meno improbabili, o anche credibili ma dalle prospettive non garantite e non legate al territorio, che si infilano da lontano come lame nell’ostinata ignavia che cova, subdola e maligna, sotto la superficie del nuovo rinascimento giuliano.

Ma noi, inguaribili ottimisti, anche il prossimo anno ci siederemo pazienti e speranzosi sulla sponda del fiume, setacciando, provando e riprovando senza arrenderci, finché qualcosa di brillante, in quel maledetto setaccio, si deciderà finalmente a rimanere.