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Nuoto verso Los Angeles

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Oggi parliamo di nuoto, lo facciamo con Margherita Sorini, da poco ventunenne, campionessa di nuoto paralimpico e in procinto di partire …. verso dove, Margherita?
“Ecco qualche indizio – spiega con il sorriso sulle labbra – baguettes, croissants, pain au chocholat…. Insomma, Parigi, a Parigi. C’è in programma una “World Series”, quindi una tappa della Coppa del Mondo del circuito paralimpico e ci vado per la classificazione. Spiego: nel nuoto paralimpico ci sono varie categorie che si suddividono in fisiche, sensoriali e intellettivo-relazionali e sono contrassegnate da sigle che vanno da S1, cioè le disabilità più gravi, a S10, quelle di minor impatto. Poi, dall’ S11 all’ S13 riguardano le persone che soffrano di cecità o siano ipovedenti, mentre l’ S14 è risevata alle persone che abbiano una disabilità intellettivo-relazionale. Io faccio parte della categoria S9 e a Parigi mi sottoporrò prima ad una visita per valutare, sia a “secco” sia in acqua, quanto impatti la mia disabilità. Poi, avrò due giorni di tempo per allenarmi prima delle gare. A malincuore, ne farò solo due, i 100 stile e i 100 rana: avrei voluto gareggiare in tutti gli stili ma, siccome la settimana successiva c’è a Trieste il “Trofeo Calligaris”, con il mio allenatore abbiamo deciso di puntare sull’evento di casa. Ti dirò – aggiunge ridacchiando Margherita – che stare poi tanti giorni a Parigi, si sa, non è tanto economico….”
Parigi fa venir in mente che da poco ci son state le Olimpiadi: le prossime saranno a Los Angeles, ci stai pensando…. “Eh si – dice Margherita con gli occhi che si illuminano – anche perchè, recentemente, hanno aggiunto come distanza olimpica i 50 metri e si potranno fare in tutte le specialità. Mi auguro allarghino anche alle Paralimpiadi e, visto che da poco a Lignano ho fatto il record italiano nei 50 dorso…”
Insomma Margherita, vorresti gareggiare ihn tutte le specialità….” Eh, si – ammette – a Parigi farò due specialità ma devo dire che lo stile che mi riesce meno bene è la rana…”

Sei protagonista nel nuoto paralimpico e sei una diretta testimone di quanto lo sport sia importante in queste circostanze… “Devo confermare – racconta Margherita – perchè, proprio qualche giorno fa, al rinnovo delle cariche all’inizio del nuovo quadriennio olimpico mi hanno eletta come consigliera degli atleti del Comitato Italiano Paralimpico del Friuli-Venezia Giulia e potrò essere la portavoce di tutti i colleghi della regione.”
Cosa vorresti dire a chi si trova in certe condizioni fisiche, raccontando quanto tu hai fatto per superare le tue problematiche.
“Ho ventun anni – dice Margherita – e, ancora, non ho superato del tutto la mia condizione che mi costringerà ad accettare nel tempo altri cambiamenti, perchè soffro di una malattia degenerativa. Sottolinea che, all’inizio, Sarà molto difficile, soprattutto per chi, come nell’ambito natatorio, dovrà indossare un costume e magari, com’è successo a me, ha gli avambracci più esili. Da piccola mi facevo condizionare un sacco da questo aspetto estetico: adesso sono maturata e , grazie anche al nuoto, ma direi in genere allo sport, si possono accettare quelli che sono i limiti fisici. Anche se non mi piace poi dire limite perchè, per esempio, tante volte che sono in acqua con i miei compagni di squadra normodotati con cui mi alleno, vado magari più forte di loro. Avendo l’opportunità di allenarmi con loro, si azzera tutto.”

facciamo un passo indietro, sei praticamente nata in acqua: ma è il nuoto che ha scelto te o tu che l’hai scelto? “Bella domanda – sorride Margherita – ho iniziato a nuotare nella piscina che c’era alla Capannina, si era una discoteca un tempo, e mi son buttata in acqua di mia spontanea volontà: in effetti, non me lo ricordo, ma conoscendomi, penso sia andata così. Contemporaneamente facevo danza classica ma, quando son entrata nel mondo dell’agonismo, ho dovuto decidere se continuare a nuotare per divertimento o per gareggiare e, alla fine, è il mio cuore che ha scelto il nuoto. Quando parlo dell’acqua mi vien subito allegria: sull’avambraccio ho anche il tatuaggio di un cuore attraversato dall’onda. Faccio anche le gare in mare e a giugno sarò in Sardegna alle “World Series”, a San Teodoro, dove gareggio ormai da cinque anni.”
Lo sport ti fa girare il mondo: “Mi piace tantissimo – commenta – ma non mi basta, vorrei girarlo ancor di più per fare, attraverso le gare, sempre nuove esperienze. Sogno un giorno di poter raccontare tutte queste mie storie ai miei nipotini… Intanto, a fine marzo ho conseguito il brevetto di istruttore…”
Adesso bisogna iniziare a pensare a Los Angeles… “Eh si – dice – anche perchè, come età, casca bene. Ero già nella “long list” per i Giochi di Tokio ma decisero di portare un’altra ragazza, anche perchè era più anziana di me, beh, solo quattro anni io ne avevo diaciassette, ma non avrebbe più avuto una simile occasione…”

C’è qualcuno da ringraziare, oltre naturalmente alla tua famiglia, per lo sviluppo nella tua pratica sportiva? “La mia famiglia mi accompagna un po’ dappertutto, fin dai due europei giovanili che si disputarono in Finlandia: c’erano mamma, papà e mia sorella e, nella prima edizione, anche i miei nonni che festeggiavano i 25 anni di matrimonio nello stesso giorno in cui vinsi l’oro nei 400 stile libero: fu il mio regalo.
Naturalmente, ringrazio sempre tutti gli allenatori che ho avuto e Marcello Rigamonti che mi ha supportata e sopportata nei miei due anni di attività a Verona. Sono tornata a Trieste per stare vicino alla mia famiglia e anche perchè dovevo fare la maturità. Ringrazierò sempre tutti i miei istruttori perchè so benissimo di non avere un carattere facile… pretendo molto, sono permalosa, sono testarda e non è facile sopportarmi…”
Cosa potresti dire, vista la tua esperienza importante, per convincere qualcuno a provare con lo sport per dimenticare certe problematiche : “Sicuramente ricordare che nello sport non ci sono barriere. In qualsiasi disciplina, quando iniziano le gare o gli allenamenti, si dimentica veramente ogni differenza. E tante volte, chi ha i problemi è molto più forte e più deciso. Il mio esempio personale, attraverso il nuoto, tante volte ancora adesso non riconosco i miei limiti. Mi da quasi fastidio pensare che ci siano ma non perchè devo accettare la mia malattia, ma perchè non li vedo…
Che sia una persona in carrozzina, o che manchi di un braccio o di una gamba, veramente quando sei nel clima delle gare, mi fan quasi paura certi atleti perchè sono tanto competitivi che non si fanno condizionare dal pensare alla loro condizione. Una volta succedeva anche a me di pensare di non sentire l’acqua e di non aver forza nelle gambe: facendo sport non ci penso più, penso solo ad andare forte. E dico che in questo mi hanno aiutato la famiglia, gli allenatori e anche i miei amici che mi stanno sempre vicino: certe volte si arrabbiano perchè non posso mai uscire, perchè sono alle gare o agli allenamenti o devo andare a dormire perchè la mattina presto sono già in acqua. Però, anche questo fa parte del gioco, ecco.”