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Quando il gioco si fa duro…

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Il nostro obiettivo è arrivare sani, al massimo della forma ed al completo quando più conta a maggio e giugno“. Il mantra arcieriano, quello che ha sdoganato da due anni a questa parte il fatto di veder accomodato prudenzialmente in tribuna ogni giocatore che per un motivo o per l’altro, a causa di infortuni gravi o unghie incarnite, indolenzimenti vari e raffreddori non è al top dell’efficienza fisica durante la stagione regolare, è oramai un dato di fatto talmente assodato che viene considerato routine da addetti ai lavori e tifosi. Anche a costo di costringere la squadra a riassestare i propri equilibri in corsa, costringendola a forzare il reperimento di energie supplementari, di forza di reazione alle avversità, di resistenza e rifiuto ad arrendersi a priori davanti ad avversari al completo ed in strabordante forza fisica, magari correndo ed accettando anche il rischio di dover probabilmente rinunciare a due punti in classifica, la coerenza con la quale il club persegue la sua politica ha l’effetto di capitalizzare tutte queste qualità (tranne l’ultima, naturalmente) quando un campionato lungo e stressante, fisicamente impegnativo, presenta il suo salatissimo conto quando i giochi si fanno duri nella post season. Successe esattamente questo l’anno scorso, certo in una situazione e con difficoltà da affrontare totalmente diverse, ma la realtà dei fatti rimane comunque incontrovertibile: periodi difficilissimi con prolungate assenze di Reyes, Ruzzier, Filloy, Vildera, sconfitte, classifica traballante e mugugni del pubblico, tutti spazzati via alla prima palla a due di Gara1 dei quarti di finale contro Torino: Trieste arrivò a quelle tre serie contando su una squadra completa ed in una forma straripante, capace di spazzare via avversari arrancanti, incapaci addirittura di raschiare sul fondo del barile delle proprie energie, falcidiati da infortuni (Kadeem Allen e Moraschini, per fare due esempi) ed alla fine travolti più dalla strabordante forza fisica triestina che dalla sua superiorità tecnica.

Nella settimana che porta all’esordio nei playoff a Brescia, non si sa ancora con certezza se Michele Ruzzier e Denzel Valentine potranno far parte della spedizione, con più garanzie sul primo che sul secondo, anche se, arrivati a questo punto, la prudenza avrebbe ben poco tornaconto, sebbene tutto sommato l’arrivo dell’ottavo americano nel roster permetterebbe in ogni caso di schierare sei stranieri anche in assenza di Valentine (magari non proprio per scelta, ma oramai meglio non andare troppo per il sottile). La fine della stagione regolare, a cui possiamo aggiungere anche le due partite disputate a Torino in Coppa Italia, ci permette però di giocare un po’ con i numeri per analizzare in quante occasioni Trieste abbia potuto contare su una squadra al completo, e quanto questo abbia influenzato i risultati. Tenendo conto che fino ad un certo punto della stagione, prima delle Final Eight di febbraio, il roster era costruito con un 5+5, passato poi al 6+6 con l’arrivo di Sean McDermott, considereremo assente Justin Reyes solo finché il suo infortunio ha costretto la squadra a schierare uno straniero in meno.

La tabella delle assenze nella stagione in corso

Salta subito agli occhi come quasi tutti gli infortuni (o i malanni vari) siano capitati solo alla pattuglia americana, con il solo Michele Ruzzier assente nelle ultime due partite fra gli italiani. Trieste ha potuto giocare al completo soltanto 6 partite su 32, vincendone 4 (venendo sconfitta solo da Venezia al Taliercio ed in casa da Trento). Delle altre 26, ne ha giocate 17 lamentando una sola assenza (10 vinte e 7 perse), 8 con due assenti (6 vinte e due perse) ed una con addirittura 3 assenti nella partita persa in casa contro Brescia senza Reyes, Ross e Brown. Colbey Ross è il lungodegente in carica: 10 partite in tribuna per lui, seguito da Denzel Valentine con 5 partite e mezza (la mezza partita saltata a Torino contro Trento) e Markel Brown con 4. Justin Reyes è andato a referto solo 11 volte su 32. Interessante constatare come nelle 10 volte in cui si è esibita senza Ross la squadra ha vinto 5 volte (ma di queste 5, per quattro volte era affiancato in tribuna da almeno un altro compagno), mentre in assenza di Valentine sono arrivate 4 vittorie e due sconfitte.

In ultima analisi, si fa realmente fatica a trovare un chiaro nesso fra assenze e risultati, così come fra l’assenza di determinati giocatori e relative vittorie o sconfitte. La squadra ha dimostrato di saper fare buon viso a cattivo gioco in qualunque situazione, anche la più deteriorata, con buona pace di chi individui migliore rendimento in assenza di qualcuno, oppure in presenza di solo uno fra due giocatori considerati incompatibili per tipo di gioco: ad esempio, con Ross e Valentine insieme in campo, sono arrivate 12 vittorie (tra cui quelle contro Milano, a Bologna e Reggio Emilia) e 8 sconfitte (tra le quali quelle a Trapani e Venezia, che sarebbero arrivate probabilmente in ogni caso).

Ma ora, per l’appunto, il gioco si fa duro. Trieste, finale compresa, dovrà affrontare squadre che l’hanno sconfitta sfruttando un enorme vantaggio di fisicità (che la società ha tentato di colmare con l’arrivo di Kylor Kelley) aggiunto a rotazioni molto, e talvolta enormemente, più lunghe. In altre parole, non si potrà più permettere di “regalare” giocatori alle avversarie perché dovrà poter garantire, oltre che equilibrio tecnico, anche tenuta atletica. I turni di riposo concessi (imposti?) in modo apparentemente frettoloso a molti giocatori potranno essere considerati un investimento nella salute da riscuotere durante la post season? Non manca poi molto tempo per rendercene conto.