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Trieste non pervenuta, Varese saluta con il botto

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(Photo Credit profilo FB ufficiale Pallacanestro Trieste)

PALLACANESTRO VARESE – PALLACANESTRO TRIESTE: 85-80

Varese: Akobundu-Ehiogu 6, Alviti 21, Mitrou-Long 15, Bradford 2, Anticevich 2, Librizzi 16, Reghenzani n.e., Esposito, Assui 3, Fall, Hands 20. 

Allenatore: Ioannis Kastritis Assistenti: Marco Legovich.

Trieste: Paiano n.e., Obljubech n.e., Ross 9, Deangeli (k), Uthoff 9, Campogrande n.e., Candussi 11, Brown 20, Brooks 6, McDermott 7, Johnson 7, Valentine 11.

Allenatore: Jamion Christian. Assistenti: Francesco Taccetti, Francesco Nanni, Nick Schlitzer.

Progressivi: 19-19 / 39-35 // 66-57 / 85-80

Parziali: 19-19 / 20-16 // 27-22 / 19-23

Arbitri: Gonella, Perciavalle, Noce.

Chi si attendeva una Varese tranquilla e svagata, con la pattuglia americana praticamente già in vacanza dopo aver ottenuto con largo anticipo la quota salvezza, opposta ad una Trieste affamata, motivata dalla possibilità di agguantare matematicamente il sesto posto che vorrebbe dire Europa che conta, è servito: ad essere in gita, invece, sembrano per larghi tratti molti dei giocatori triestini, specie nella metà campo difensiva, e ad essere perlomeno con la testa dall’altra parte dell’oceano sembra un coach che mai come in questa occasione dimostra come la coerenza fine a sé stessa sia un limite evidente anziché un pregio dal punto di vista tecnico. In effetti, la cocciutaggine con la quale Jamion Christian si impone di rinunciare sistematicamente ai suoi lunghi di ruolo -ed in particolare ad un eccellente Jayce Johnson- nelle seconde metà di ogni partita, senza possibilità di cambiare idea nemmeno davanti al sesto rimbalzo offensivo consecutivo della squadra avversaria e della sistematica assenza di aiuti nel pitturato una volta che la sua prima linea difensiva viene saltata nell’uno contro uno, rimarrà uno dei misteri che lo accompagnerà nel Rhode Island. Se aggiungiamo che, una volta incredibilmente ridotto lo svantaggio (sebbene con enorme e colpevole ritardo) ad un solo possesso ad otto secondi dal termine, Christian riesce a battere il record della peggior uscita da un time out della storia, finora detenuto dalla rimessa finale nel derby di Udine, disegnando una difesa che avrebbe dovuto impedire la ricezione ai migliori tiratori di liberi di Varese e finisce con il permettere la ricezione di Hands tutto solo nel pitturato con schiacciata conseguente, allora è chiaro come la correità del coaching team in questa sanguinosa ed imprevista debacle esterna sia incontrovertibile.

La missione di Trieste avrebbe dovuto passare dalla replica di quanto avvenuto a Cremona sei giorni fa: partenza dura e concentrazione massima dalla prima palla a due, lavoro duro in difesa, focus speciale sull’evitare di perdere palloni in modo banale, costruire buoni tiri e possibilmente metterli, tenere Akobundu Ehiogu lontano dal ferro. Che sarebbe stata una serata difficile lo dimostra il fatto che dopo metà primo quarto ognuno di questi obiettivi era chiaramente saltato, con il risultato di consegnare a Varese l’inerzia dell’incontro assieme al coraggio, alla cattiveria ed alla consapevolezza necessari a mantenerla. Manca Ruzzier, in tutti i sensi: manca la sua pallacanestro ordinata e razionale, un po’ spuntata dal punto di vista offensivo negli ultimi tempi ma capace di mettere in ritmo i compagni con i giri ed i tempi più adeguati. Colbey Ross fa la sua pallacanestro, sposta la difesa, crea spazio e piazza assist, ma alla lunga è prevedibile e non esistono alternative specie in una serata svagata da parte di Denzel Valentine, forse alla peggior prestazione stagionale. Ciò nonostante, davanti ad una OpenJob Metis che scatta a folate per poi spegnersi improvvisamente, che dà il suo meglio in transizione ma si affloscia come capacità di costruzione di qualcosa di buono quando deve ragionare, Trieste approfitta di una incontrovertibile supremazia a rimbalzo (52-44 alla fine, superata quota 100 nelle ultime due partite) per concedersi seconde chance in attacco (particolare non secondario in una serata in cui la vena da oltre l’arco è insufficiente), approfitta della saggezza di Jeff Brooks, del suo senso della posizione, della sua esperienza per non permettere agli avversari di fuggire. E, soprattutto, domina sotto le plance nonostante l’intimorente presenza di Akobundu Ehogu, atleticamente devastante ma privo di sufficiente controllo della sua verticalità e di un bagaglio tecnico che altrimenti lo renderebbero uno dei migliori centri in Europa. Johnson non si lascia intimidire, segna, è puntuale come terminale nel pick and roll, cattura rimbalzi, fa la voce grossa a sportellate, costringe Varese ad affidarsi ad un gioco prevedibile e ripetitivo appoggiato interamente sul perimetro. Ed infatti, in una situazione del genere per Trieste è sufficiente trovare un po’ di continuità in attacco per ricucire l’esiguo svantaggio e scattare avanti di sette in un amen nel secondo quarto, commettendo però il secondo errore fatale della serata: credere che rubare per qualche secondo il pallino del gioco agli avversari, accumulando anche un piccolo gap, sia il segnale di resa per una squadra che sì, ci ha provato finché ha potuto, ma una volta constatata la forza degli avversari si sarebbe seduta. Certo, un paio di decisioni arbitrali rivedibili (un fallo su tiro da tre -peraltro realizzato- su un Mitrou-Long che allunga scompostamente la gamba quasi in spaccata alla ricerca del contatto, ed un antisportivo comminato a Ross per aver tentato di tagliare fuori Alviti a rimbalzo in difesa) sommate ad un paio di ingenuità inedite da parte degli uomini più esperti (fallo su tiro da tre di Markel Brown su Librizzi, stavolta evidente) costano 13 punti in tre azioni, ribaltano nuovamente gli equilibri prima di metà gara, abbattono le labili certezze triestine e ne mandano in confusione lo staff tecnico.

Ed è così che Trieste rientra in campo dagli spogliatoi ancora convinta di poterla risolvere per l’ennesima volta da oltre l’arco, nonostante fosse ormai evidente che per i terminali designati Uthoff e Valentine non fosse la serata giusta (2 su 9 per il primo, 3 su 10 per il Barba). Candussi trova un po’ di continuità dalla linea dei tiri liberi, ma non è un intimidatore sotto il ferro, il solo Brown riesce se non altro a mantenersi sopra la sufficienza da fuori, ma fatica tantissimo quando si avventura nel pitturato. Il secondo tempo è una replica del primo, con Varese che pasticcia in attacco ma trova bombe importanti da un Librizzi ed un Alviti in missione, pur senza riuscire a scrollarsi definitivamente di dosso un’avversaria incapace di capitalizzare le occasioni che avrebbe avuto per riportarsi a distanza di sorpasso. Trieste ne avrebbe anche più volte la possibilità, ma getta letteralmente al vento anche le conclusioni che normalmente non fallisce. Quando, poi, viene decretata la fine del predominio sotto canestro con l’uscita autoinflitta di entrambi i “5” di ruolo, si spegne definitivamente la luce anche in difesa, con Hands ed addirittura Librizzi capaci di surclassare a ripetizione la svagata prima linea difensiva ed andare a depositare incontrastati a canestro e con Akobundu Ehiogu, Assui, Bradford ed Hands a recuperare a ripetizione rimbalzi in attacco e palle vaganti. Delle battute finali, della possibilità sprecata di tentare almeno di sfruttare le possibilità che la sorte e gli avversari, nonostante tutto, avevano concesso, abbiamo raccontato in apertura: una squadra di razza, che pensa realisticamente di poter partecipare da protagonista alla post season avendo di fronte Brescia o Trento (se va bene) deve trovare il modo di approfittare anche della minima crepa nella convinzione e nella coesione delle avversarie, magari rimettendo in piedi situazioni frutto di giornate storte (che possono capitare), di percentuali pessime, di scelte sbagliate. Vincere nonostante tutto anche nei giorni peggiori imponendo la propria personalità anziché finire in balia di quella degli altri è il salto fondamentale che Trieste dovrà assolutamente fare se vorrà trasformarsi da una buona squadra in una eccellente quanto temibile avversaria per chiunque. E con l’evidenza, in prospettiva, che rivisitare profondamente gli spot di backup, fornendo al coach alternative da rotazione vera e con punti veri nelle mani diventa indispensabile per poter puntare ad obiettivi importanti: 14 minuti per Candussi, una manciata di azioni per Deangeli, niente altro dagli altri italiani (non volendo considerare tale Jeff Brooks): in una stagione lunga, che dura ben oltre le trenta partite e spazia ben al di fuori dei confini nazionali, potersi concedere 7-8 uomini affidabili da rotazione credibile è davvero uno svantaggio che alla lunga chiede il conto, un conto salatissimo anche dal punto di vista fisico.

Discorso che vale per Trieste ma, naturalmente, anche per le squadre che stazionano nella sua stessa fascia di merito. Trieste piange, certo, ma Reggio Emilia, Venezia e Tortona non ridono di certo. La squadra emiliana le busca pesanti a Trento, la Reyer, dopo un paio di mesi di onnipotenza inarrestabile, incappa in due imprevedibili stop con Pistoia e nel derby a Treviso ed ora non potrà più ambire a nulla di meglio dell’ottavo posto, i piemontesi sono ormai in caduta libera e cedono il passo in casa anche a Napoli. Ciò significa che, nonostante tutto, Trieste avrà ancora una possibilità per impadronirsi di quell’agognato sesto posto che vorrebbe dire con ogni probabilità Europa che conta. Possibilità che dovrà però giocarsi nuovamente lontano da casa, e nuovamente contro una squadra che non chiede più nulla alla stagione e che, come Varese, giocherà leggera e senza pressioni. Con la differenza che stavolta una sconfitta significherebbe con (quasi) certezza il settimo posto dal momento che per credere veramente in una sconfitta casalinga di Reggio Emilia con Pistoia bisognerebbe essere dei temerari scommettitori. Dove si giocherà la partita contro Sassari, con la griglia playoff ancora da definire e l’obbligo di contemporaneità di orario su tutti i campi rimane un rebus che sarà difficile risolvere.

Per quanto riguarda gli altri risultati, c’è da registrare la retrocessione matematica per Scafati e Pistoia travolte da Bologna e Cremona, mentre nonostante la super vittoria nel big match con Milano, Trapani non riesce ad impadronirsi della vetta, ora occupata -per differenza canestri- da una Virtus Bologna che, una volta abbandonata ogni velleità europea, non sbaglia più un colpo: testa che sarà necessariamente abbandonata da una delle due dopo lo scontro diretto che un calendario con grande senso di drammaticità propone proprio all’ultima giornata. A quaranta minuti dalla fine della stagione regolare, dunque, a rimanere aperte sono ancora le posizioni dalla prima alla quarta (prima sarà una fra Bolgona e Trapani, mentre Milano è sicura della quinta) e, come detto, quelle fra la sesta e la settima.

Risultati

Trento 84-63 Reggio Emilia
Pistoia 65-89 Cremona
Sassari 77-96 Brescia
Trapani 89-81 Milano
Treviso 83-72 Venezia
Scafati 87-104 Bologna
Varese 85-80 Trieste
Tortona 82-89 Napoli

Classifica
  1. Bologna 44
  2. Trapani 44
  3. Brescia 42
  4. Trento 42
  5. Milano 38
  6. Trieste 34
  7. Reggio Emilia 34
  8. Venezia 30
  9. Tortona 28
  10. Sassari 24
  11. Treviso 24
  12. Varese 20
  13. Cremona 18
  14. Napoli 18
  15. Scafati 12 (retrocessa in A2)
  16. Pistoia 12 (retrocessa in A2)