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I Rangers che non ti aspetti

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di Andrea Furlanetto

Il vostro postino ha fatto un viaggio piuttosto lungo e questa settimana vi porta a Hong Kong. Nota per essere stata l’unica colonia straniera in territorio cinese, ceduta nel 1842 al Regno Unito con il trattato di Nanchino, è ritornata sotto il controllo di Pechino nel 1997, con formali rassicurazioni sullo stato di Regione Amministrativa Speciale fino al 2047, ma con notevoli pressioni in corso già da qualche anno e culminate nei recenti avvenimenti, seguiti a una modifica dello statuto imposta dal governo centrale. Con i suoi 7,5 milioni di abitanti ammassati in poco più di 1.100 kmq ha oggi una forte identità cinese (gli han rappresentano il 92% della popolazione) e vede rapidamente allontanarsi i ricordi britannici. Tuttavia, nel calcio resiste – tra gli altri – il club di cui parliamo oggi. 
Fondati nel 1958 da un immigrato scozzese, Ian Petrie, gli Hong Kong Rangers adottarono da subito un logo modellato su quello dei Rangers di Glasgow, di cui Petrie era un acceso sostenitore. Facendo leva su un vivaio particolarmente prolifico e su un’organizzazione molto solida, riuscirono ad arrivare alla prima divisione locale già nel 1965. Nel 1971 la squadra, rafforzata da qualche professionista scozzese non di primissimo piano e non propriamente all’inizio della carriera, si aggiudicò il suo unico campionato, iniziando un’età dell’oro in cui vinse quasi tutte le otto coppe locali che ne abbelliscono la bacheca. A tale periodo probabilmente risale anche il gagliardetto della nostra cartolina. Di lì a poco sarebbe iniziato un momento più buio, illuminato da qualche sprazzo di luce, come l’unica partita disputata con la loro maglia dal mitico calciatore nordirlandese George Best o – ancora – come l’amichevole del 1982 contro il Celtic, quello vero, che terminò con una facile affermazione per 5-0 degli scozzesi davanti a 5.000 coraggiosi spettatori che sfidarono una pioggia torrenziale. 

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