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Il blasonometro come salvacondotto

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La clamorosa sentenza della Corte Federale della FIP che ha rivoluzionato la classifica della Serie A del basket relegando Varese ad un mesto ultimo posto ha scatenato le reazioni più disparate e le alzate di scudi più curiose da parte di opinionisti testimonial ed improvvisati difensori d’ufficio. Facciamo subito una doverosa premessa: nessuno sminuisce o fa finta di non capire appieno il dramma sportivo dei tifosi lombardi o la totale innocenza dei giocatori e del coach di una squadra che finalmente era riuscita a riconquistare risultati, prospettive ed entusiasmo in una piazza che (come tante altre) vive per la pallacanestro. Nè vogliamo affermare che, ammesso e non concesso che fra un mese ci sia una squadra che, beneficiando della penalizzazione della OJM, si salverà a sue spese, abbia il coraggio o l’indecenza di gioire per una salvezza artificiale non conquistata con merito sul campo. Però….

Però abbiamo ascoltato e letto negli ultimi giorni affermazioni e difese d’ufficio da parte di avvocati mediatici più o meno influenti ma sempre parziali e tifosi che, pur partendo dalla premessa “non ne conosco le motivazioni” enfatizzano l’esagerata dimensione della penalizzazione o l’ingiustizia tout court della sentenza stessa. La costante di queste super amplificate discese in campo è sempre quella: Varese è una squadra blasonata che ha vinto 10 scudetti e due Coppe dei Campioni ed ha portato lustro alla pallacanestro nazionale, la città di Varese ha grande tradizione e passione che questa sentenza rischia di azzerare, la squadra aveva ritrovato l’appoggio e l’entusiasmo del pubblico che era tornato a riempire Masnago facendo registrare almeno otto sold out in stagione che l’ultimo posto in classifica finirà per vanificare (dimenticando, però, che l’ultimo titolo non appartiene a questo millennio e che la “passione” di quest’anno segue ad almeno un decennio di pernacchie per risultati deludenti raggiunti in un palazzetto semivuoto: facile entusiasmarsi quando si vince, è un discorso che vale ovunque). In altre parole, la tesi più o meno esplicita sostenuta dai vari Guido Bagatta, Flavio Tranquillo, Dan Peterson o addirittura del Presidente della Regione Lombardia -e tuttologo- Attilio Fontana è quella che una piazza come Varese non meriti il rischio di andare in A2 indipendentemente dalle frodi commesse (a termini di sentenza) sulla base della sua storia, della sua tradizione e della competenza e passione dei suoi tifosi. Come corollario, si aggiunge -ignorando i dispositivi dei regolamenti LBA e FIP- che la punizione non sia proporzionata perché l’irregolarità amministrativa non influisce sui risultati della stagione.

Ma fortunatamente un paese democratico, ed in generale il vivere civile, si basa, invece, sulla certezza del diritto:

Principio in base al quale ogni persona deve essere posta in condizione di valutare e prevedere, in base alle norme generali dell’ordinamento, le conseguenze giuridiche della propria condotta, e che costituisce un valore al quale lo Stato deve necessariamente tendere per garantire la libertà dell’individuo e l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge

Enciclopedia Treccani, definizione di “certezza del diritto”

Analizzando le premesse che hanno portato alla sentenza, dopo mesi di indagini da parte della Procura Federale e dunque non certo con una decisione affrettata, improvvisata o che possa essere considerata un “fulmine a ciel sereno” per le parti in causa che ora fingono di cadere dalle nuvole, a quanto pare “l’irregolarità amministrativa” consiste nella presentazione di un documento firmato dal Presidente della Società, indispensabile per l’iscrizione alla serie A, attestante l’assenza di pendenze in sospeso con giocatori o altri dipendenti. Attestazione evidentemente falsa, ma che se avesse riportato la verità -o non fosse stata depositata- avrebbe di fatto impedito a Varese di iscriversi al campionato 2022/2023. L’iscrizione fraudolenta di una squadra blasonata vale più del ripescaggio legittimo di società retrocesse al termine dello scorsa stagione, che magari non hanno violato alcuna norma? La Fortitudo ha tradizione e passione ma “solo” due scudetti contro i dieci dei biancorossi, di Cremona nemmeno parliamo… allora iscriviamo Varese, che ha passione anche se i suoi dirigenti hanno “valutato e previsto, in base alle norme generali dell’ordinamento le conseguenze giuridiche della propria condotta“…non è questa “alterazione del risultato sportivo”? E’ forse questa uguaglianza di tutti davanti alla legge?

La OJM avrà modo di difendersi in seconda battuta presentando ricorso e confutando nelle sedi opportune le motivazioni della sentenza, quando verranno pubblicate. L’augurio è quello che prevalgano la verità e la giustizia e che la sentenza definitiva non sia influenzata dal moto emotivo fomentato dalle interpretazioni di pancia di faziosi opinion leader e difensori improvvisati dell’ultim’ora. Sempre tenendo bene a mente che i regolamenti sono redatti a protezione di tutti ed applicati in uguale misura e con le stesse conseguenze. Ricordiamocene, quando dovremo assistere alle esclusioni di Trieste, Tortona o Brindisi e non solo quando ad essere sfiorate dalla mannaia della legge saranno Milano, Bologna o Varese.