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Contro Trento al Dome è sempre Natale: 74-68

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PALLACANESTRO TRIESTE – DOLOMITI ENERGIA TRENTO 74-68

Pallacanestro Trieste: Gaines 14, Pacher 4, Bossi ne, Davis 12, Spencer 13, Deangeli 0, Ius ne, Ruzzier 3, Campogrande 3, Vildera 1, Bartley 21, Lever 0. Allenatore: Legovich. Assistenti: Maffezzoli, Vicenzutto.

Dolomiti Energia Trentino: Morina ne, Conti 0, Forray 10, Flaccadori 21, Udom 3, Crawford 10, Ladurner ne, Grazulis 4, Atkins 18, Lockett 2. Allenatore: Molin. Assistenti: Dusmet, Bongi.

Parziali: 20-17 / 24-22 / 12-17 / 17-12

Progressivi: 20-17 / 44-39 / 57-56

Arbitri: Mazzoni, Galasso, Valleriani

(Photo Credit: F. Ruzzier / Ciamillo-Castoria)

Vittoria dal peso specifico inestimabile per la Pallacanestro Trieste in una giornata che regala sorprese inattese come la vittoria di Treviso in trasferta con Tortona, di Scafati a Brindisi e di Verona a Napoli, due punti che permettono alla squadra di coach Legovich di affrontare con maggiore tranquillità le prossime tre partite chiave che la vedranno di scena proprio a Verona, in casa contro Scafati ed al PalaVerde. La sfida contro Trento, ancora priva di Matteo Spagnolo, presentava varie insidie, prima fra le quali la netta supremazia fisica della squadra di Molin, che però ne approfitta raramente, spesso annichilita dall’asfissiante difesa biancorossa anche (specie) in occasione dei numerosi mismatch venutisi a creare vicino a canestro. Gli ospiti preferiscono invece insistere con il tiro dalla distanza in una serata non particolarmente brillante tranne in qualche rara fiammata, spianando inaspettatamente la strada, dall’altra parte del campo, all’attacco al ferro da parte dei piccoli triestini e concedendo seconde e terze chance a rimbalzo che portano prima punti e poi secondi preziosi.

Trieste, ad onor del vero, conduce nel punteggio dall’inizio alla fine, toccando addirittura il +11 sul 50-39 nel terzo quarto, appena prima dell’unico passaggio a vuoto fatto registrare nell’arco dei 40 minuti, causato dalla cocciuta insistenza nel ricercare conclusioni negli ultimi secondi di azione spesso fuori ritmo o improvvisati ed a bassissima percentuale ed anche da una buona dose di sfortuna con tiri che fanno il solletico due o tre volte al ferro prima di venirne sputati, e che permette a Trento di riportarsi in parità sul 56 pari a pochi istanti dal termine della frazione. Da quel momento Legovich capisce di doversi affidare al quintetto più equilibrato, fermando di colpo le vorticose rotazioni che avevano caratterizzato i primi 30 minuti di match. La scelta si rivela vincente, con i tre handler migliori (Bartley, Davis e Ruzzier) a dettare i ritmi in modo millimetrico, a mettersi in proprio con conclusioni personali come Davis e Bartley e con l’ultimo arrivato ad innescare con tempi perfetti nel pick and roll uno Spencer che ne beneficia in modo esiziale, andando a concludere a ripetizione nell’unico modo che gli permette di tenere percentuali prossime al 100%: schiacciando. Uno Spencer che, dal canto suo, nei momenti topici della quarta frazione eleva a dismisura intensità difensiva e concentrazione, andando a rimbalzo con i tempi giusti sui due lati del campo, intimidendo in difesa e donando seconde chance a ripetizione nel concitato finale e chiudendo con una doppia doppia da 13 punti e 10 rimbalzi, di cui 5 offensivi, e 22 di valutazione. Se il lungo biancorosso, pur con tutti i suoi limiti tecnici, riuscisse a dare una parvenza di continuità al rendimento esibito nel secondo tempo contro Trento in tutto l’arco della partita, e magari fra una partita e l’altra, sarebbe probabilmente tolto dalla lista dei (teorici) partenti sulla quale è stato inserito dalla maggior parte degli osservatori: la sua abnegazione, l’onestà con la quale partecipa emotivamente ai momenti importanti della squadra, il suo linguaggio del corpo tradiscono motivazione, disponibilità e voglia di dimostrare. Se il buon Skylar riesce a competere alla pari con giocatori esperti e tecnicamente superiori come Grazulis ed Atkins, sopperendo peraltro alla nuova serata negativa di AJ Pacher e di un Alessandro Lever particolarmente impreciso, vuol dire che tutto sommato ciò che gli manca è la convinzione nel poterlo fare in ogni singola partita. In una quarta frazione vissuta su binari di equilibrio, con i bianconeri ospiti ispirati da lontano specialmente con Forray, Flaccadori e Crawford che mantengono in bilico il risultato fino all’ultimo minuto, per una volta Trieste è fortunata nelle circostanze decisive, con il tiro del possibile pareggio trentino scagliato da Atkins che viene sputato dal ferro dopo esserci praticamente entrato, e dall’errore sulla successiva conclusione conseguente al rimbalzo offensivo. Ma è anche brava a mettere in ghiaccio i due punti, catturando due rimbalzi in attacco che regalano quasi mezzo minuto di possesso, ed alla fine Bartley è quasi perfetto dalla lunetta permettendo alla sua squadra di portare il gap a due possessi con meno di dieci secondi da giocare.

Legovich trova, come spesso successo in occasione delle migliori prestazioni della squadra, protagonisti diversi nell’arco della partita, con gli uomini a ruotare con profondità (l’unico non entrato è, ancora una volta, Stefano Bossi). Frank Gaines è il protagonista del primo tempo, ben coinvolto dai compagni, si prende tiri insolitamente in ritmo, attacca anche il ferro nel terzo quarto ribellandosi al rientro di Trento. Poi viene accantonato, evidentemente il suo problema è l’affidabilità, ma già aver tirato la volata ai compagni è un gran merito. I lunghi, specie italiani, soffrono a dismisura ma mettono il loro mattoncino, mentre Pacher è oltremodo punito da un metro arbitrale che porta il trio in grigio a fischiare anche i giri d’aria. Chi non ha problemi di continuità nei quaranta minuti è il leader dei marcatori della serie A, la cui prolificità offensiva è solo la punta dell’iceberg del suo rendimento: aver imbroccato la scelta di Frank Bartley è ossigeno puro per Legovich. Piace anche la convivenza possibile di Ruzzier con Davis, con il primo a ruotare da playmaker puro vecchio stampo, poco propenso a guardare il canestro e cercare soluzioni personali, il secondo a dimostrarsi efficace anche da guardia, con il suo tiro in fade away da centro area nel quale si rivela pressoché infallibile.

In classifica, sfortunatamente, non cambia nulla alla luce dei risultati delle avversarie dirette. Ma cambia molto perché in caso di sconfitta sarebbero riaffiorati fantasmi che una pur buona prestazione non avrebbero più potuto tenere a bada. Ora però il gioco si fa duro. La trasferta a Verona di lunedì prossimo è cruciale: la giornata lavorativa di certo non aiuterà, ma l’amicizia fra tifoserie potrebbe portare nel palazzetto scaligero più di qualche spettatore triestino. A questo proposito, per la prima volta dopo un paio d’anni l’Allianz Dome rompe il tetto delle tremila presenze e dei decibel a sostegno della squadra, segno che qualcosa sta lentamente cambiando nella percezione che questa squadra riesce a trasmettere al pubblico: tolto il raccapricciante inizio di campionato, i biancorossi infatti danno sempre l’impressione di dare il 100%, tradiscono partecipazione ed impegno, corrono, si gettano a terra, lottano e rifiutano di arrendersi. Tutte caratteristiche che a Trieste sono sempre state considerate indispensabili.

In sala stampa si presenta volontariamente capitan Lodo Deangeli, per perorare una causa a cui tiene particolarmente: nessuno sa cosa il futuro riservi alla società ed alla squadra, nessuno sa se il roster verrà ritoccato o meno, ma chiede a tutti di parlare dei presenti, di chi c’è ora senza abbandonarsi ad ipotesi più o meno fantasiose su mercato, tagli di giocatori, sostituzioni, ipotesi su potenziali arrivi. Fa, insomma, quello che deve fare un capitano: sotto gli occhi attenti di Daniele Cavaliero fa quadrato attorno ai compagni, li tutela e manda loro un messaggio. E, tutto sommato, il suo punto di vista è condivisibile, sebbene alcune prestazioni di qualche suo compagno in passato abbiano tirato fuori con le tenaglie alcuni inevitabili commenti al vetriolo da parte della stampa e dei tifosi.

Le pagelle ai biancorossi:

Gaines 7 (ottimo primo tempo, meno avulso del solito dai giochi, buona difesa, aggiunge anche l’attacco al ferro), Pacher 5 (penalizzato dai falli nello sforzo difensivo, meriterebbe mezzo punto in più solo per l’imperiosa schiacciata ad una mano con difesa schierata nel primo quarto), Bossi ne, Davis 7 (ordinato nel costruire gioco per la squadra, a suo agio da guardia, freddo nelle conclusioni fondamentali), Spencer 8 (pressoché perfetto, meriterebbe l’insufficienza solo perché non riesce ad essere continuo), Deangeli 6 (poco utilizzato, ci mette la consueta intensità, atteggiamento non semplice per chi entra a freddo), Ruzzier 7- (playmaker d’altri tempi, con angoli di passaggio e pertugi che probabilmente riesce a visualizzare solo lui: 5 assist e ritmi perfetti, mezzo punto in meno per la scarsa intraprendenza al tiro), Campogrande 6 (sufficienza d’incoraggiamento. Pochi minuti nel primo tempo, seduto per tutto il secondo, una bomba delle sue: se solo riuscisse a concedere repliche…), Vildera 5+ (assieme a Pacher soffre Atkins pur occupando spazio nel pitturato, la cui utilità non si misura nel tabellino finale), Bartley 8+ (risulta immarcabile perché imprevedibile, segna difende, si tuffa, incita il pubblico, segna i liberi decisivi. Godiamocelo finché veste in biancorosso), Lever 5 (insolitamente impreciso e nervoso, partita notevolmente sotto il suo standard). Legovic+Staff: 8 (prepara alla perfezione la partita, non permette a Trento di sfruttare i suoi punti di forza inducendo la squadra avversaria a forzare, gestisce razionalmente le rotazioni adattandole alle diverse situazioni di punteggio e di inerzia, introduce ulteriori innovazioni tecniche).