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Emanuel Terry: “Sono qui per portare gioia”

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Prime parole del nuovo arrivato in casa Pallacanestro Trieste, un ragazzo solare e per certi versi sorprendente. Nato a Birmingham, in Alabama, Terry dopo i 4 anni con i Lincoln Memorial University Railsplitters (università del Tennesse di Division II) ha letteralmente girato il mondo: dal 2018 ha cambiato ben 13 squadre, viaggiando dalla Cina alla Francia, dalla G League all’NBA, da Israele a Belgrado in Eurolega, per finire a Trieste via Suwon in Corea del Sud. 206 centimetri di velocità, intensità e spettacolo sul campo, sorridente ed empatico in ogni situazione, sembra molto preso dalla sua missione di restituire al mondo sotto forma di gioia ciò che ritiene di aver ricevuto lui, e cioè il dono di poter fare da professionista ciò che più gli piace.

Come mai hai scelto l’Italia dopo la Corea? Sicuramente avrai avuto anche altre offerte

L’esperienza in Corea è stata molto positiva. La Serie A è un’esperienza nuova per me, non ci avevo mai giocato prima, per me è una nuova grande opportunità per mostrare la mia energia, incontrare gente magnifica, ottimi compagni di squadra, sono qui da poco ma ho già ricevuto ottime sensazioni.

Il GM Mario Ghiacci ha rivelato che conosci Javonte Green, e che lui è stato il maggiore “sponsor” per farti decidere di venire a Trieste

E’ vero, sono amico di Javonte, l’ho conosciuto qualche anno fa durante una Summer League, utilizziamo la stessa agenzia di procuratori. Quando gli ho chiesto cosa ne pensasse di questa scelta, di come sarebbero state le cose qui, lui mi ha detto che adorerò il posto, di venire subito. Mi ha rassicurato sul fatto che questa sarà una bella esperienza per me, mi ha anche suggerito di fidarmi dell’ambiente. Mi ha raccontato che il posto è meraviglioso, che la squadra ha bisogno della mia energia e che qualunque cosa riuscirò a fare sarà di aiuto, e sinceramente non vedo l’ora di far parte di tutto questo. Siccome lui è una gran persona, io rispetto e mi fido della sua opinione, e così eccomi qui.

Avevi mai sentito parlare della squadra di Trieste prima? E della città?

Non avevo mai sentito parlare di Trieste, è stata un po’ una scelta alla cieca, anche se ovviamente ho fatto le mie ricerche come faccio sempre quando viaggio verso il posto che ho scelto. Per me questa area geografica è una novità. Però tendo a fidarmi del mio intuito. Non importa quale siano la nuova squadra, i nuovi compagni di squadra, il nuovo coach, il nuovo team, credo che dando la fiducia al Signore ogni scelta sia quella giusta, come del resto è successo nel resto della mia ormai lunga carriera.

Conoscevi già qualche compagno di squadra a Trieste, o qualche giocatore nella Lega?

Conosco solo un paio di giocatori delle altre squadre: Jacorey Williams, che incontrerò nel prossimo weekend, Ky Bowman di Brindisi. E divertente vedere come il mondo della pallacanestro sia così piccolo e ci sia una così bella atmosfera. Girando per il mondo per tanti anni prima o poi ti imbatti in vecchi compagni di squadra, gente che non vedevi da tempo, ma ti fai anche nuovi amici. Anche se non conoscevo nessuno dei nuovi compagni di squadra, dopo soli due giorni ho comunque la sensazione di essere in una famiglia, dove ognuno è legato agli altri, ed è veramente bellissimo farne parte.

Terry con la maglia della Stella Rossa

Quali sono le tue migliori caratteristiche come giocatore? E fuori dal campo?

Probabilmente sono migliore come persona di come io lo sia come giocatore di basket. Mi piace portare gioia, mi piace vedere la gente che sorride, mi piace fare felici le persone, mi piace interagire con i bambini. Mi piace lavorare duro per arrivare dove voglio arrivare, ricevo amore anche sul campo, da tutto quello che sta intorno a me. Sai, per uno cresciuto come me in Alabama è già una benedizione avere l’opportunità di giocare un giorno in Italia o in Corea, di poter giocare a pallacanestro in giro per il mondo. Le mie migliori qualità in campo sono l’energia che ci metto sempre. E poi cerco sempre di essere un buon compagno di squadra e sono facile da allenare per il coach. Faccio del mio meglio per mostrare in continuazione sul campo le mie abilità atletiche. Infine, amo tirare su il morale ai miei compagni quando si sentono un po’ giù per farli sentire meglio e trasformare le persone che stanno con me nella stessa stanza.

Ritieni di essere un pivot o ti senti più a tuo agio fronte a canestro?

Ho affrontato veramente molte situazioni tattiche nelle quali c’era bisogno di me per occupare il pitturato, e anche altre nelle quali mi era richiesto di creare spazio sul perimetro, ma in generale faccio quello che il coach mi dice di fare, e vado dove mi dice di andare, in altre parole faccio quello di cui la squadra ha bisogno in ogni momento. Se devo scegliere, comunque, penso che da ala io riesca ad esprimere meglio la mia pallacanestro. Quando arriverà il momento ve lo mostrerò.

Quali sono i tuoi obiettivi da qui alla fine della stagione?

Il mio obiettivo personale è dare il meglio di me stesso, ma anche quello di aiutare a migliorare la squadra, il mio coach, e come ho fatto finora nella mia carriera, continuare a fare felici i fans e i miei compagni di squadra. E, ovviamente, far rimanere Trieste in Serie A, cosa che credo sia possibile al 100%. Tutto ciò che ho avuto finora, ed è molto, voglio restituirlo agli altri. Giocherò duro, lavorerò duro ogni giorno, mi fiderò di allenatore e compagni, il fatto che loro vogliono che io abbia successo aumenta ulteriormente la mia energia. Sono un altruista, voglio aiutare gli altri a migliorare, e questo fa migliorare anche me.  

Hai già parlato con il coach? Quali sono le cose che ti ha chiesto?

Marco Legovich è una gran persona. Avevo già parlato con lui un paio di volte quando ero ancora in Corea, è molto contento di avermi portato a bordo. Mi ha solo chiesto di giocare duro e determinato. Ho questa forte convinzione che se una persona, fra tutti gli individui che ci sono nel mondo, sceglie me, io devo rispondere facendo del mio meglio per far rimanere questa squadra forte almeno quanto lo è ora, perché è forte indipendentemente da quello che potrebbe sembrare dalla classifica. Io devo solo far trasparire la persona che sono per essere d’aiuto, e ringrazio il coach per aver avuto la fiducia nel credere che io possa fare tutte queste cose. 

Quali sono le tue prime impressioni dopo aver conosciuto i compagni di squadra? Come sei stato accolto?

Sono stato accolto alla grande. Quando vai in una nuova squadra, ed io l’ho fatto molte volte negli ultimi cinque anni, devi ricominciare ad imparare gli schemi, e devi farlo entro pochi giorni. I miei compagni di squadra hanno fatto un grandissimo lavoro per semplificarmi il processo, per aiutarmi a capire le diverse posizioni, ad inserirmi nel sistema di gioco. A dire il vero l’impianto di gioco qui a Trieste mi ricorda quello al quale ero abituato ai tempi del college, molto pick and roll, molti giochi in uscita dai blocchi. Il coach e I compagni mi hanno dato il libro degli schemi ed un sacco di filmati già prima che arrivassi, hanno risposto a qualunque domanda facessi loro, è veramente una bella situazione in cui essere già così presto.