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In caduta libera

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Trieste subisce l’ennesima imbarcata di questo preoccupante, triste, frustrante finale di Girone Rosso. Un campionato che era iniziato vincendo in modo poco convincente, era proseguito con tre sconfitte che misero a nudo i difetti strutturali di questo roster, gli errori commessi nel selezionarlo e nello scegliere una guida tecnica troppo avulsa dal contesto. Poi, Le successive 11 vittorie consecutive illusero un po’ tutti che qualcosa di buono, tutto sommato, da questa squadra si sarebbe potuto ottenere, con il lavoro sui difetti e sui vari problemi venuti a galla strada facendo che cominciava a dare evidenti frutti. Poi, a quattro secondi dal termine del derby di Udine, l’illusione si dissolse come una bolla di sapone: Trieste nell’occasione perse il suo giocatore più importante, quello che da solo produce metà dell’efficienza offensiva della squadra, per non contare tutto ciò che Justin Reyes rappresenta ma non può essere sintetizzato dalle statistiche. E con lui da quell’esatto momento perse completamente la direzione, la convinzione, l’intensità, la fiducia: tutti aspetti che non erano peraltro mai stati messi perfettamente a fuoco in precedenza, ma che un campionato tutto sommato di vertice aiutava a mascherare. Per carità, sono spettacoli che nostro malgrado eravamo tutto sommato stati abituati a subire negli anni passati, quando una Pallacanestro Trieste versione gita scolastica si presentava su campi considerati a priori “impossibili” e si rifiutava, letteralmente, di scendere in campo. Ma il deprimente epilogo a Brindisi di 9 mesi fa -sintesi e summa finale di tale atteggiamento perdente- sembrava erroneamente rappresentare il punto più basso di una parabola al contrario che aveva riportato il basket giuliano all’inferno. E’ il linguaggio del corpo dei giocatori triestini a raccontarcelo. E’ un linguaggio del corpo che racconta più di mille parole: braccia lungo i fianchi. Testa bassa dopo che il pallone lascia le mani dei tiratori prendendo una traiettoria evidentemente sghemba. Tentativi poco convinti di resistere al primo passo dell’uno contro uno con il quale, sistematicamente, ogni avversario si prende gioco del suo corrispondente in biancorosso andando a segnare indisturbato in sottomano guadagnando tre-quattro metri di vantaggio in mezzo secondo. Pigrizia nel rientrare in difesa nelle transizioni (che peraltro non nascono solo da palla persa, ma anche da semplici rimesse da fondo campo) dove ogni singolo giocatore in canottiera alabardata giunge sistematicamente dopo almeno tre se non quattro avversari. Incapacità (scarsa forza mentale?) nel reagire ai break avversari e rientrare nel punteggio, con bandiera bianca sventolata alla prima difficoltà. Nervosismo da frustrazione, a causa del quale ci si abbandona ad inutili quanto inopportune scenate nei confronti di arbitri ed avversari, tutti sicuramente meno colpevoli di un sistema evidentemente fallimentare. Poca concentrazione che porta ad errori banali, irritanti nella loro ingenuità: palloni strappati dalle mani, rimbalzi conquistati da dietro da giocatori più piccoli, palleggi sui piedi, passaggi sulle ginocchia, appoggi a canestro da pochi centimetri di palloni che non chiederebbero altro che di essere schiacciati nel ferro, ma che invece lo violentano in mille modi diversi. Ed infine, braccino nel tiro da tre, che si riassume in percentuali incommentabili ma evidentemente letali quando di questa specialità fai la tua più credibile soluzione offensiva: a fallire sono tutti, tiratori improvvisati e specialisti che sulle triple hanno costruito una carriera, e falliscono in ogni modo, forzando quando rimangono senza alternative ma anche tirando in ritmo, piedi a terra e chilometri di vantaggio.

Il problema più grande è che in questo cruciale momento della stagione ogni squadra persegue con feroce determinazione il suo obiettivo: che sia la testa della classifica, l’entrata nei playoff, la salvezza, non cambia nulla: tutti gettano il cuore ed ogni goccia di sudore sul parquet per quaranta minuti, e tutti attualmente sembrano andare ad una velocità tripla rispetto a Trieste. Forlì, ad esempio, a risultato ampiamente acquisito e con avversari che sembrano un pugile prossimo al KO, piegato in due e sorretto dalle corde del ring mentre l’avversario imperversa con jab al mento ed allo stomaco, continua imperterrita a pressare a tutto campo, a raddoppiare, a triplicare il portatore di palla, a correre in contropiede, a gettarsi in quattro a rimbalzo, a litigare e mostrare il muso duro ad avversari che vorrebbero essere sotto la doccia da almeno venti minuti, con un gap nel punteggio che continua a dilatarsi a dismisura. Era successo anche contro Rimini una settimana prima, ed il problema è proprio questo: è un’operazione ingenua quella di preoccuparsi delle squadre che bisognerà affrontare in trasferta, fare calcoli sul piazzamento migliore per i playoff o struggersi per dover andare a Trapani e Cantù. Questa Trieste, se non inverte l’inerzia (e tutto sommato non dà segni in tale direzione) può e deve temere ogni singola squadra che dovrà affrontare da qui al termine di una stagione che sta diventando un vero e proprio Calvario, comprese Latina ed ancor di più quelle che dovrà affrontare al Palatrieste, vere e proprie mine vaganti già di per sé, quasi ingiocabili avversarie dirette oggi.

La partita di Forlì non vale nemmeno la pena di essere raccontata, perchè di pena, per l’appunto, si tratta. E’ un monologo romagnolo dall’inizio alla fine, con Trieste che perlomeno prova a rimanere in scia per un quarto e mezzo per poi tirare definitivamente i remi in barca. L’unico giocatore a metterci veramente le palle (ci si scusi il termine, ma quando ci vuole ci vuole) è un Giovanni Vildera da doppia doppia e strapotenza fisica e tecnica che lo rende da settimane il giocatore migliore della squadra, cui fa peraltro da contraltare un compagno di reparto in down prolungato, involuto dal punto di vista tecnico, impacciato e sfiduciato anche quando si esibisce nelle specialità della casa. Senza Reyes, il reparto lunghi triestino inizia e finisce con il barbuto guastatore padovano: decisamente pochino per chi vorrebbe abbandonare la categoria trovandosi sempre contro gli Xavier Johnson di turno. Il rientro di Michele Ruzzier, tanto anelato, non porta benefici, se non quello di liberare i minuti spesi da guardia da Eli Brooks il quale, sebbene non disputi una partita sufficiente, rimane come sempre uno dei pochissimi a salvarsi dal naufragio se non altro come atteggiamento offensivo (mentre affonda con i compagni nella sua metà campo, dove viene brutalizzato da Kadeem Allen e dal quarantenne Cinciarini). Per il resto, un racconto da relegare velocemente nel cassetto dei peggiori incubi, compreso lo 0 su 8 da tre di un Ariel Filloy che raddoppia così lo 0 su 9 di una settimana prima: ma gettare la croce addosso al trentottenne italo argentino, costretto sul parquet per 30 minuti, sarebbe ingeneroso e troppo restrittivo. Largamente insufficiente la partita anche di tutti gli altri, con solo due giocatori in doppia cifra e gli altri a distribuirsi statistiche horror. Le rotazioni sono ormai ridotte all’osso, la più lunga squadra della A2, quella con 10 titolari, sta diventando quella che si può affidare in modo credibile a non più di sei giocatori, peraltro mai sempre gli stessi e mai contemporaneamente: un intervento sul mercato non solo per tamponare l’assenza costosissima di Reyes (che nessuno sa quanto si prolungherà ancora e che giocatore restituirà al suo termine), ma proprio per apportare un maquillage profondo e decisivo alla squadra -senza nascondersi dietro al paravento della mancanza di occasioni reali- appare indispensabile se si vuole almeno pensare di continuare a perseguire l’obiettivo.

Per quanto riguarda il capitolo coach, posto che l’idea di un cambio abbia mai sfiorato il GM, sembra ormai troppo tardi: con sole 10 partite da disputare prima di playoff ancora da conquistare, con la squadra in difficoltà e mal concepita, il solo cambio di allenatore sarebbe solo carne fresca da dare in pasto ad una piazza ormai famelica, ma non avrebbe l’impatto tecnico a brevissimo termine necessario ad invertire la tendenza della stagione. Di certo la scomposta reazione di Christian contro gli arbitri con una inusitata invasione di campo dopo un fallo fischiato a Filloy (forse dubbio, di certo accentuato da Cinciarini, non scandaloso), se non causata da genuina e sacrosanta perdita di pazienza al cospetto di uno spettacolo insostenibile ed indifendibile, potrebbe essere l’estremo, disperato tentativo di dare una scossa nervosa ed emotiva ad una squadra dall’encefalogramma inesorabilmente piatto: in tal caso, se il timoniere ritenesse un’espulsione l’unica arma rimasta a sua disposizione, saremmo realmente alla frutta.

Con i 28 punti subiti a Forlì, Trieste colleziona così l’en plein di sconfitte sui campi delle prime quattro in classifica, perdendo con tutte e quattro la differenza canestri nel doppio confronto. Non un ottimo viatico per affrontare la fase ad orologio con l’ambizione di chi vorrebbe scalare posizioni, anzi ora si farebbe meglio a guardarsi alle spalle. In ogni caso, è stato diramato il calendario provvisorio della seconda fase:

  1. 11/2/2024 Trieste-Luiss Roma
  2. 18/2/2024 Cantù-Trieste
  3. 25/2/2024 Trieste-Agrigento
  4. 2/3/2024 Latina-Trieste
  5. 10/3/2024 Trieste-Treviglio
  6. 24/3/2024 Torino-Trieste
  7. 31/3/2024 Trieste-Vigevano
  8. 7/4/2024 Trapani-Trieste
  9. 14/4/2024 Trieste-Urania Milano
  10. 21/4/2024 Rieti-Trieste

In linea di massima, il programma sarà questo: pausa domenica 17 marzo, nel weekend della Final Four Coppa Italia LNP; per sorteggio, iniziano con un turno casalingo le squadre del Girone Rosso. Per poi proseguire in perfetta alternanza fino alla decima giornata. Che sarà di conseguenza ospitata dalle squadre del Girone Verde; in occasione del turno pasquale (31 marzo), è lasciata ai Club ospitanti la facoltà di definire la data della gara in calendario; 5 gare della fase ad orologio saranno anticipate al venerdì per consentirne la diretta su RaiSportHD; alcune gare saranno soggette a rinvio per le convocazioni di atleti con le rispettive Nazionali impegnate nelle Qualificazioni FIBA di metà febbraio.