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La preparazione dei portieri nel settore giovanile: la tecnica di tuffo nel dettaglio (4a puntata)

Tempo di lettura: 5 minuti

Il dettaglio fa la differenza

Dopo aver esaminato nella scorsa puntata la corretta presa del pallone da effettuare quando il portiere si getta in tuffo, con questo articolo passiamo ad analizzare in generale la tecnica del tuffo, rapportata anche alla situazione di gioco. Durante questa particolare annata calcistica flagellata dall’epidemia di Corona Virus, in cui i ragazzi del settore giovanile non hanno di fatto mai giocato una partita ufficiale e si sono allenati con allenamenti strettamente individuali (quindi niente partite di allenamento), buona parte delle sedute di allenamento sono state dedicate al tiro in porta. Questa era un’occasione valida per affinare la tecnica di tuffo dei portieri correggendo in una situazione attiva e dinamica anche piccole imprecisioni e sbavature: va sempre ricordato che la cura del dettaglio fa sempre la differenza in ogni cosa.  

Cosa correggere durante l’esecuzione del tuffo

Abbiamo già visto nella prima puntata la posizione di partenza da tenere sui tiri in porta: essa varia dai 2 metri ai 4 metri circa e dipende da vari fattori (rapidità ed elasticità delle gambe, agilità, carattere e senso di sicurezza del portiere). Abbiamo già appurato che il portiere sui tiri in porta deve sempre tuffarsi verso avanti attaccando la palla: se si tuffa in direzione diagonale avrà molta più probabilità di intercettare il pallone e di chiudere lo specchio di porta all’avversario. Adesso però viene la parte più difficile e cioè cosa osservare (e poi eventualmente correggere) durante l’esecuzione del tuffo da parte del portiere:

Il passo-spinta: prima di tuffarsi il portiere deve sempre allargare la gamba di spinta appoggiando l’avampiede sul terreno con la punta rivolta in direzione diagonale, in questo modo si riesce ad indirizzare il tuffo. In questo modo il portiere riesce correttamente a caricare sulla gamba e a spingere attaccando nel modo più appropriato la palla. Se si appoggia il piede con il tallone a terra oppure con la punta che guarda verticalmente alla porta avversaria il rischio è sempre di spingere poco e di non riuscire a “spiccare il volo”.

La direzione del tuffo: quando effettua il tuffo il portiere deve sempre attaccare il pallone verso avanti, tracciando un’immaginaria linea retta con il corpo senza inarcarsi all’indietro. Se il corpo è troppo inarcato verso l’indietro (tracciando quindi una parabola e non una retta) l’esecuzione non è corretta: significa che il portiere o ha spinto troppo poco con le gambe o è partito con una o due frazioni di ritardo allo scoccare del tiro.

La postura delle braccia: quando il portiere attacca la palla per bloccarla o respingerla non deve assolutamente mai piegare le braccia, esse devono sempre essere tese al massimo e protese verso il pallone per anticipare il più possibile l’intervento ma anche per pervenire, sui tiri battenti, eventuali rimbalzi strani del pallone che possono ingannare l’estremo difensore.

La posizione delle mani: durante il tuffo il portiere deve direzionare contemporaneamente entrambe le mani verso la palla fino a coprirla del tutto. Spesse volte il portiere tende ad andare con una sola mano verso il pallone, è una cattiva abitudine che va se possibile evitata: infatti il pallone dovrà essere attaccato sempre a due mani. Quando il portiere si allunga correttamente con entrambe le mani protese sul pallone, l’allenatore dovrà controllare sempre che le due mani coprano correttamente la sfera. Se i due pollici sono troppo distanti tra di loro o se le dita lasciano ampie porzioni di palla scoperte, il rischio di non effettuare la presa è elevato.

La postura delle gambe: durante la fase di ricaduta le gambe devono assumere due posizioni diverse: la gamba di spinta deve restare piegata mentre l’altra gamba deve restare dritta e leggermente alzata da terra (in questo modo infatti il portiere può evitare di essere caricato dall’attaccante avversario), qualsiasi altra postura dei due arti inferiori va considerata come errata e da correggere.

L’orientamento del tuffo rispetto alla porta: il portiere, con la giusta spinta e la corretta posizione del corpo, deve arrivare a “toccare” le “Colonne d’Ercole” dello specchio di porta, rappresentate dall’immaginaria perpendicolare al palo del lato in cui si tuffa. Se le braccia superano la perpendicolare significa che il portiere o ha spinto troppo oppure è partito da una posizione  sbagliata, troppo vicina al palo.

La direzione della respinta: durante i tiri in porta il portiere dovrà cercare di bloccare il numero più alto possibile di palloni, qualora dovesse ricorrere alla respinta dovrà cercare sempre di ribattere i palloni in direzione diagonale (al di là della perpendicolare al palo che delimita lo specchio della porta), le respinte centrali sono da considerarsi sempre degli “assist” invitanti agli attaccanti avversari.

La rigidità di braccia e mani: è un fattore strettamente collegato alla tecnica di respinta, soprattutto sulle conclusioni alte o a giro, il portiere infatti dovrà respingere il pallone utilizzando la “mano morta” e non la mano rigida: in questo modo infatti il portiere riesce ad indirizzare meglio il pallone evitando di rimetterlo in gioco.

Riferimenti video

(Fine 4a puntata)