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La “salvezza sostenibile” vale già la post season

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Con la sconfitta di Casale l’Allianz si è maledettamente complicata la strada verso la conquista di un posto nella griglia dei playoff: già definite le prime sette qualificate (a Virtus, Milano, Brescia e Venezia si sono aggiunte nell’ultima giornata Tortona, Sassari e Reggio Emilia) restano da stabilire l’ottava partecipante alla post season ed il seeding dal quarto all’ottavo posto. Trieste ha ancora qualche residua possibilità di conquistare una fra la settima e l’ottava posizione, ammesso che domenica sera riesca a superare una Treviso ormai salva. Arrivare a 28 punti, però, potrebbe non essere sufficiente: dovranno infatti giungere buone notizie da Bologna, dove Reggio Emilia affronta in casa la neo retrocessa Fortitudo, o da Napoli, dove sarà di scena Pesaro. Una sconfitta di una fra la Unahotels (Trieste in tal caso sarebbe settima) o Carpegna (con Trieste ottava), o, troppa grazia, di entrambe (Trieste settima) è l’altra condizione necessaria per consentire alla squadra di Ciani di guadagnarsi il diritto di disputare almeno altre tre partite in post season. Aspettarsi, però, che una Napoli probabilmente in “down” da euforia dopo aver sbancato il Paladozza possa trovare le motivazioni per mettere più di tanto in difficoltà la rediviva formazione marchigiana appare perlomeno imprudente. Già più plausibile l’impegno della Fortitudo che, sebbene appena retrocessa, ha molto da farsi perdonare dalla sua esigente e delusissima platea, che non gradirebbe affatto l’ennesima umiliazione, oltretutto in un derby. Attenzione che, inoltre, anche Treviso, vincendo il recupero di mercoledì sera contro l’Olimpia, avrebbe ancora una remota possibilità di qualificarsi, contando su una vittoria di almeno 22 punti in via Flavia e di un arrivo in gruppone a 28 con Trieste, Pesaro, Brindisi e Varese.

Ai quarti contro Virtus o Olimpia: Allianz matura?

Nel caso andasse tutto per il verso giusto, nella migliore delle ipotesi l’Allianz affronterebbe ai quarti di finale l’Olimpia Milano, nella peggiore la dominatrice della stagione regolare Virtus Bologna. Chiaramente sarebbero sfide di prestigio, stimolanti il giusto, ma che, siamo seri, non aggiungerebbero più di tanto al risultato sportivo della stagione. L’Allianz potrebbe certo affrontarle con la leggerezza di chi non ha proprio nulla da perdere, e l’estremo equilibrio che ha caratterizzato questa stagione ha insegnato che non ci sarebbe troppo da sorprendersi se una squadra di lignaggio teoricamente inferiore riuscisse a sorprendere corazzate magari distratte dall’inseguimento di una coppa europea o falcidiate da numerosi infortuni. In una serie in cui bisogna arrivare a vincere almeno tre partite, andando oltretutto ad espugnare almeno una volta il PalaZanetti o il Forum, superare il turno appare oggi una eventualità talmente remota da risultare un miraggio sfocato all’orizzonte. La versione triestina successiva al bimestre terribile che aveva addirittura fatto dubitare della possibilità di salvarsi è decisamente migliore, molto simile a quella che l’aveva portata altissima in classifica fino a febbraio. L’innesto di Clark ha ridato equilibrio alle rotazioni, il ritorno di Lever ha fatto comprendere quanto il giovane lungo bolzanino sia mancato sotto canestro nei mesi di stop, Konate ha toccato il top del suo ondivago rendimento. Ma, anche, dà l’impressione di essere la versione “incompiuta” di una buona squadra: sprazzi di basket autoritario, percentuali da due stellari, deciso miglioramento di quelle da tre, attacco più paziente ed organizzato, difese talvolta prevedibili e poco energetiche ma comunque entro i limiti della decenza vengono sistematicamente neutralizzati da finali di partita in confusione totale dentro e fuori dal campo con la squadra in balia degli avversari e patrimoni di punti di vantaggio dilapidati alla velocità della luce con i due punti puntualmente lasciati sul parquet. Le sconfitte di Trento e, in maggior misura, di Brindisi e Casale, arrivate al termine di buone, talvolta ottime prestazioni, restituiscono l’immagine di una squadra immatura ed impreparata a risultati di particolare prestigio, in altre parole ancora incapace di spiccare definitivamente il volo verso l’elite della pallacanestro nazionale.

Allianz nona, niente drammi

Adrian Banks

Se alla storia recente aggiungiamo l’esperienza più remota, con le due irritanti comparsate alle Final 8 di Coppa Italia e l’anonimo sweep con il quale l’anno scorso Brindisi si sbarazzò senza sforzo apparente di un’Allianz andata in ferie alla sirena finale dell’ultima di campionato, il rischio che ancora una volta la conquista dei playoff si trasformi di per sé stesso nel raggiungimento di un obiettivo anziché nell’inizio di una stimolante avventura è più che reale. Beninteso, nessuno nell’entourage societario o, ancora peggio, fra i giocatori e lo staff tecnico affermerà mai nulla di diverso rispetto alla ferrea determinazione nell’agguantare la post season, e ci mancherebbe anche altro. C’è qualcuno che ci crede e ci spera davvero, come Corey Davis (che non ne fa mistero ormai da settimane) o un cavallo di pura razza come Adrian Banks, il cui DNA gli impedisce di considerare qualunque risultato che non sia una vittoria. Ed in generale non esistono professionisti in nessuno sport che non giochino per raggiungere il miglior risultato possibile, per cui, almeno a parole, la squadra scenderà in campo contro Treviso per conquistare i due punti e poi attaccarsi a smartphone e tablet per scoprire i risultati di Napoli e Bologna. Per non parlare dei tifosi, il cui “lavoro” è desiderare sempre il meglio per la propria squadra del cuore, la miglior classifica, i migliori risultati, i più grandi trionfi a prescindere da tutto. Detto questo, l’esito che maturerà al quarantesimo minuto della trentesima di campionato, qualunque esso sia, non sposterà troppo il giudizio finale sulla gestione prettamente sportiva della stagione: una post season sulla carta proibitiva, con una trasferta lunga quattro giorni ed una partita casalinga il cui incasso da 3000 spettatori non consentirebbe certo di pareggiarne il costo, né la sola soddisfazione di contendere la semifinale scudetto a Bologna o Milano permetterebbe di accedere dalla porta principale ad annali o albi d’oro (sempre che, beninteso, non arrivi una perlomeno improbabile quanto clamorosa sorpresa) e neppure smuoverebbe particolarmente gli animi di una piazza inaspettatamente raffreddatasi sul prodotto basket. In altre parole, razionalmente parlando, arrivare noni non sarebbe poi un dramma da cui sarebbe difficile risollevarsi moralmente in poco tempo. Oltretutto, a meno di profonde rivisitazioni sulle partecipanti all’Eurolega, la possibilità di partecipare il prossimo anno ad una coppa Europea è legata alla conquista almeno della sesta piazza, risultato già ora irraggiungibile per l’Allianz. Certo, vincere contro Treviso ed arrivare così a 14 vittorie sarebbe doveroso, perché eviterebbe matematicamente il rischio di venire risucchiati addirittura al 12° posto, risultato che sarebbe oggettivamente ingiusto per una squadra che ha saputo esaltarsi per mezza stagione e risollevarsi quando contava di più. Così come sarebbe auspicabile riempire, per una volta, l’Allianz Dome per assistere ad una partita importante, tradizionalmente sentita contro i rivali di sempre, anche e soprattutto per tributare al Capitano una standing ovation per la sua probabile (anche se non dichiarata) last dance, un applauso lungo quanto la sua infinita carriera.

La vittoria più grande è già in carniere

Sagaba Konate

Piuttosto, anche in rapporto a quanto sta succedendo in questi giorni in ambiti ben più celebrati di quello triestino, la tranquillità arrivata a quattro giornate dalla fine, unitamente ad un rigoroso controllo dei costi da parte della società che permetterà una volta di più di chiudere l’anno al 30/6 con il bilancio in pareggio e senza debiti (per non parlare dell’assenza di qualsivoglia pendenza con i dipendenti) nonostante il necessario cambio di tre giocatori stranieri, l’upgrade al 6+6 ed il parziale “tradimento” del pubblico, va considerata la vera, importantissima vittoria della Pallacanestro Trieste in questa travagliatissima stagione. La solidità dei conti e la conservazione della categoria gettano le basi per la sopravvivenza, costituiscono in altre parole una “salvezza sostenibile”, la condizione necessaria, se non sufficiente, per permettere una transizione indolore verso la prossima proprietà (transizione, peraltro, ancora di là da venire). Nuovi acquirenti che si sarebbero di certo defilati nel caso avessero dovuto ereditare debiti pregressi o coprire pesanti disavanzi economici. In altre parole quest’anno, l’ultimo da main sponsor per Allianz, si è puntato a garantire la continuità del basket di alto livello a Trieste, a costo di qualche mugugno fra i tifosi, a costo di dover scendere a compromessi nella scelta dei giocatori, del coach o dello staff societario. Risultato forse poco appariscente, poco romantico, meno affascinante per la tifoseria più accesa inebriata dall’attaccamento alla maglia, dalle coreografie, dalle cavalcate esaltanti e dai grandi campioni in campo, ma ugualmente e forse più importante per la città. Nelle prossime settimane arriveranno probabilmente novità importanti in ambito societario, si comincerà a costruire il roster per il prossimo anno fra riconferme e dolorose separazioni, verrà scelto (o confermato) il coach, verrà nominato un nuovo presidente. Qualunque cosa succeda bisognerà cominciare dal riconquistare la piazza, magari migliorando la comunicazione, lucidando le apparenze per tornare a riempire il Dome. Ma una bandierina rossa nell’estremo nordest della carta geografica della pallacanestro che conta continuerà con ogni probabilità a sventolare anche il prossimo anno, e questa va considerata la vittoria stagionale più grande e meno scontata, ben oltre l’accattivante ciliegina di una eventuale serie playoff contro il Wallhalla baskettaro italiano.