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Trieste esce dallo spogliatoio dopo 15′, Trento ringrazia: 81-69

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La memoria va alle sensazioni del 26 dicembre 2019, quando sullo stesso parquet l’Allianz di Elmore e Justice chiuse alla prima sirena sul 3-19 naufragando miseramente per il resto della partita: sembravano fantasmi riposti definitivamente nel cassetto degli incubi peggiori, ed invece puntualmente (e prevedibilmente, aggiungiamo) gli stessi fantasmi tornano a materializzarsi. Qualunque ne sia la reale causa, quello “disputato” alla BLM Group Arena è un primo quarto irrispettoso, più che per la maglia e la città, per la propria dignità di giocatori.

Trieste fa da spettatrice per 15 minuti, segna 5 punti in 10 minuti, crollando quasi subito sotto il peso di 25 punti di distacco e compromette in modo irrimediabile un risultato che per il resto Trento si limita a controllare nonostante, finalmente, Trieste dopo due partite e mezza abbozzi qualcosa di simile ad una reazione. Reazione emotiva che, però, deve ancora fare i conti con un gioco in attacco apparentemente improvvisato, con la colpevole imprecisione al tiro da lontano (25% da tre, con tiri importanti sbagliati piedi a terra e metri di libertà) ed un avvilente 56% dalla linea dei tiri liberi. A cavallo fra la terza e la quarta frazione I biancorossi, caricando a testa bassa in modo più irrazionale che organizzato, monetizzano una discreta difesa e riescono a ricucire con brevi fiammate piccole porzioni del gap riportandosi sul -9, ma Trento colpisce puntualmente ed in modo esiziale sia da fuori che da sotto vanificando puntualmente ogni tentativo di rientro di ospiti mai veramente pericolosi. Una volta constatata l’impossibilità di riaprire in modo credibile il risultato, l’Allianz avrebbe nonostante tutto la possibilità di raggiungere almeno l’obiettivo minimo, quello scarto inferiore ai 10 punti che le consentirebbe di conservare il vantaggio negli scontri diretti. Tre time out e quattro tiri liberi sbagliati dopo, invece, trova incredibilmente il modo di pasticciare la rimessa che le avrebbe permesso di tirare per il -9, e di fallire successivamente anche il buzzer beater con Doyle protagonista di entrambi i disastri finali.

Dalmasson è una statua di sale per l’intero incontro, ostenta un distacco che appare incomprensibile anche quando una sfuriata a bordo campo da parte del coach dapprima durante la prolungata rottura iniziale, poi durante il tentativo di rimonta sarebbe stata quantomai opportuna se non indispensabile (la maschera di Cavaliero paonazzo con la giugulare gonfia ad incitare o redarguire i compagni ne sarebbe il limpido esempio). E’ come se il coach facesse fatica ad arrendersi all’evidenza di una squadra che gioca e rende in modo totalmente diverso da quanto pianificato: assiste alle mortificanti gesta dei suoi con una incredulità che gli rende presumibilmente impossibile qualunque reazione.

Eugenio Dalmasson in una rara protesta

Danno e beffa, dunque, anche se l’allontanamento della qualificazione ai playoff sembra al momento il problema minore per questa squadra.

Del resto, quando le due “menti” del roster collezionano un -12 di valutazione complessiva, con Laquintana sul parquet per il tempo minimo sufficiente a sbagliare tutti e tre i tiri provati (unica voce a sporcare il suo tabellino) ed un cupo Fernandez che in 14 minuti realizza un solo canestro commettendo 5 falli in rapida sequenza, la squadra è costretta a reinventarsi in regia, costringendo Daniele Cavaliero a stringere i denti più con rabbia che forma fisica alternarsi con Milton Doyle a svolgere compiti per entrambi poco consoni. La luce offensiva rimane spenta per tutto l’incontro, si affida ad improvvisazioni o lampi di classe da parte di Delia o di un Doyle che, se non altro, prova a tornare su livelli a lui più consoni, generando peraltro più confusione che efficacia. Trieste soffre però lo scarso ritmo e la scarsa organizzazione offensiva, che vanificano totalmente l’efficacia di una difesa (specie quella a zona) che a tratti è in grado di mettere in grande difficoltà i padroni di casa.

Ancora pochissimo arriva da Myke Henry, che può esibire statistiche non totalmente negative che però non raccontano la sua prestazione compassata in attacco e blanda in difesa. Il pacchetto dei lunghi, Delia escluso, subisce la fisicità dei lunghi avversari, vincendo però, nonostante tutto, la sfida a rimbalzo. Partita in chiaroscuro per Davide Alviti, che tira con percentuali al di sotto delle sue possibilità ma è protagonista di una prestazione generosa, si spende moltissimo in difesa ed a rimbalzo, litiga con il canestro ma non rinuncia a prendersi responsabilità importanti in attacco.

I risultati dagli altri campi consentono all’Allianz di tenere un piede dentro alle prime otto perdendo la settima posizione proprio a vantaggio di Trento. La convincente vittoria di Cantù contro Brescia riapre la lotta per la salvezza, che in teoria, a tre settimane dalla fine del campionato e considerato lo stato di forma delle squadre interessate, coinvolge matematicamente anche Trieste. Nei prossimi tre scontri diretti sarà il caso di far tesoro dell’unico aspetto che, con qualche sforzo, si può salvare dalla trasferta sul campo dell’Aquila: la reazione, il ricompattamento della squadra nelle difficoltà, la ribellione ad un risultato già scritto. Il match contro una Pesaro che pare Trieste allo specchio sarà l’ennesima sliding door in questa campionato che, nonostante i ripetuti tentativi, non ne vuole sapere di mettere la parola fine alla possibilità di raddrizzare una stagione diventata inaspettatamente un vero Calvario.

AQUILA TRENTO – PALLACANESTRO TRIESTE   81 – 69

Dolomiti Energia Trentino: Browne 14, Martin 11, Sanders 8, Morgan 6, Williams 26, Forray ne, Conti, Mezzanotte, Pascolo ne, Jovanovic ne, Ladurner ne, Maye 16. All. Molin

Allianz Pallacanestro Trieste: Da Ros 3, Alviti 12, Henry 8, Doyle 13, Delìa 13, Fernandez 3, Laquintana, Coronica ne, Cavaliero 9, Arnaldo ne, Upson 4, Grazulis 4. All. Dalmasson

Parziali: 24-5; 46-27; 62-51

Arbitri: Borgioni, Bettini e Boninsegna