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Troppa Reyer per un’Allianz immatura: al Palatrieste finisce 69-87

Tempo di lettura: 4 minuti

di Francesco Freni

Trieste sbaglia completamente l’approccio mentale ad un match di alta classifica e viene giustamente travolta da una squadra avvezza a ben altre pressioni

L’Allianz illude per pochi minuti di poter tener testa ad una Umana da subito in clima partita, precisissima da fuori e concentrata in difesa, con un Wes Clark ed uno Stefano Tonut chiamati agli straordinari dalle assenze di Julian Stone (colpito da un lutto in settimana) e Michael Bramos, che mettono a ferro e fuoco la blanda difesa biancorossa attaccando il ferro o colpendo dall’arco con disarmante facilità. Trieste resiste ricorrendo soprattutto ai giochi backdoor sorprendendo più volte la zona avversaria, regge l’urto sotto canestro dove il solo Watt, peraltro in serata non certo brillante, può sfoggiare altezza, peso, esperienza e classe superiori, coadiuvato solo a sprazzi da un muscolare Fotu. Ma l’Allianz, già da subito, dimostra di non essersi calata a dovere nel clima del match. Sembra svagata, poco reattiva, e soprattutto liscia quasi completamente la prestazione dalla distanza. Appena Venezia preme leggermente sull’acceleratore il divario si apre, e se non si divarica in modo definitivo già nel secondo quarto (concluso con soli tre punti di margine) è soprattutto per l’incapacità degli ospiti di piazzare il colpo del KO. Ci pensa però Trieste a spianare la strada agli ospiti con un terzo quarto in cui spegne totalmente la luce dopo essersi riavvicinata sul -2. Il blackout offensivo è totale, Trieste pasticcia, è incapace di costruire attacchi decenti, incoccia contro la mobile zona avversaria che la imbriglia inesorabilmente, mantiene percentuali risibili anche quando riesce a costruire buoni tiri e trova nel solo DeVonte Upson un giocatore capace di reagire, di catturare qualche rimbalzo, di attaccare il ferro. Davvero troppo poco per contrastare l’onda lagunare, che con Tonut, Watt, Chappel ed un discontinuo ma devastante Austin Daye mette insieme un vantaggio che sfiora più volte i 20 punti. I lagunari giocano al tiro al bersaglio da fuori, spesso con piedi a terra e metri di vantaggio, ma sfruttando anche la classe infinita dei suoi assi che la mettono anche con la mano in faccia: Venezia finirà con il 63% al tiro da tre e ben 27 triple tentate, con Tonut e Clark autori di un clamoroso 75% ciascuno. 
Partita finita quando mancano 10 minuti? Nemmeno per sogno. Gli uomini di De Raffaele probabilmente battezzano chiuso il discorso e si rilassano un po’ in apertura di ultima frazione, ed in un amen Trieste ricuce quasi completamente il gap, arrivando sul -6 con nelle mani più volte il pallone del -3 sprecato malamente. La grande reazione triestina si scioglie però immediatamente quando Venezia serra le fila, trova un paio di canestri “impossibili”, da veri fuoriclasse, da Daye e Tonut e ricaccia inesorabilmente indietro un’Allianz che sul massimo sforzo, quando l’obiettivo sembra nuovamente ed inaspettatamente a portata, gioca con la svagatezza e la scarsa concentrazione difensiva di quando si trovava sul -20, spreca banalmente contropiede, perde palloni sanguinosi che riconsegnano definitivamente l’inerzia nelle mani amaranto che hanno vita facile nel controllare il risultato nei minuti finali. 

Prova di maturità decisamente fallita, dunque, nella testa più che nelle gambe e nelle mani. Trieste paga la scarsa vena di Fernandez, che aveva tuttavia iniziato in modo molto promettente il match salvo poi perdersi nel marasma generale del secondo tempo. Quando il suo cervello argentino non gira a dovere, Dalmasson è costretto a ricorrere a soluzioni talvolta improvvisate, una volta constatato che Tommaso Laquintana non è in grado di reggere sulle sue spalle la responsabilità della regia: ci prova con Daniele Cavaliero, che però dopo l’infortunio che ne aveva ritardato l’esordio in campionato non è mai più tornato ai suoi livelli, e con Milton Doyle, che a parte il periodo di discreto appannamento tecnico, non è certo un playmaker di ruolo. Se si aggiunge la serata svagata di un Myke Henry ripreso pesantemente a più riprese dal coach per il suo atteggiamento difensivo che definire morbido è un complimento, si comprende come le frecce all’arco della panchina triestina siano veramente scarse, specie se contrapposte ad una corazzata come quella veneziana. Infine, se un punto debole va individuato nella gestione tecnica, sembra che talvolta il coach non sia in grado di reagire prontamente quando il piano partita salta, per bravura degli avversari o per demeriti dei suoi uomini, e che le contromisure nei momenti di massima difficoltà arrivino troppo tardi o in modo talvolta improvvisato: la squadra per gran parte del terzo quarto è apparsa in totale balia degli avversari, senza saper bene cosa fare sia in attacco che in difesa, salvo poi ritrovarsi quando probabilmente era troppo tardi per arrivare lucida ad un finale punto a punto. 

I risultati dagli altri campi permettono a Trieste di conservare in ogni caso il sesto posto, seppur in coabitazione con Treviso, prossima avversaria dell’Allianz al Palaverde, ed autrice di una rocambolesca vittoria di uno con buzzer beater sul campo di Cremona. Partita difficile, contro un’avversaria in salute e con il morale alle stelle, sulla carta tecnicamente inferiore e più “corta”, ma capace di mostrare una voglia di vincere, una determinazione ed una fisicità che le permettono rimonte insperate. Sarà la prima di sei autentiche finali che l’Allianz, se vuole conquistare i playoff in una posizione che le consenta di coltivare qualche chance di superamento del turno, dovrà affrontare con piglio ben diverso da quello messo in mostra contro Venezia. Trieste, da qui alla fine, viaggerà 4 volte su 6 (all’Allianz Dome sono attese da qui alla fine del campionato solo Pesaro e la Fortitudo), ma mai come in questa stagione il fattore campo gioca un ruolo solo marginale sui risultati. Trieste dovrà provarci, dovrà ritrovare l’autorità messa in campo contro Reggio Emilia ed il cinismo mostrato contro Cantù. Sono qualità che possiede nel suo DNA, ma che troppo spesso in questa stranissima stagione senza pubblico, sono rimaste tristemente inespresse. 

Tabellini e classifica dal sito ufficiale della LBA


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