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Una Trieste opaca in attacco e blanda in difesa fallisce la prima prova di maturità a Pesaro: 74-61

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La prima trasferta dell’Allianz delude ampiamente le attese: per Trieste sarebbe stato fondamentale dare continuità alle buone indicazioni provenienti dalla vittoria all’esordio contro Brindisi, ed invece i biancorossi incappano in una prestazione ampiamente deficitaria soprattutto in attacco, lasciando peraltro aperte autostrade in fase difensiva, specie sotto canestro, che il forfait dell’ultimo minuto di Konate non è sufficiente a giustificare appieno.

Gioca male Trieste, non ha fluidità nel gioco offensivo, si affida troppo a conclusioni individuali improvvisate nell’emergenza degli ultimi secondi di ogni azione, spesso non riesce a chiudere sui tiratori avversari a causa di una difesa lenta sia sul perimetro (nulli gli aiuti dei lunghi -specie da parte di Grazulis– pigra la pressione dei piccoli, in particolare di Sanders) sia sotto canestro dove, specie nel pitturato, l’assenza del lungo maliano permette il sontuoso banchetto di Tyrique Jones, autore di una partita perfetta da doppia doppia con il 100% dal campo.

Eppure l’Allianz rimane in partita fino ad un paio di minuti abbondanti dalla sirena finale, e ci riesce grazie soprattutto all’incapacità di Pesaro, che vanta percentuali al tiro solo leggermente migliori di quelle triestine, di uccidere definitivamente un match che gli ospiti si rifiutano di riagguantare nonostante almeno una decina di occasioni importanti gettate al vento. La causa della sconfitta non va dunque ricercata (solo) nelle statistiche. La percentuale abbondantemente sotto il 30% da tre va integrata con la qualità dei tiri falliti: molti errori pesanti, infatti, sono arrivati al termine di azioni ben costruite, con il tiratore giusto pescato libero con piedi a terra, oppure con il lungo trovato sotto canestro con buoni giochi a due fuori-dentro in momenti chiave del match. Torna a salire anche il dato delle palle perse, difetto che pareva finalmente tamponato contro Brindisi. Ma, anche in questo caso, non è la quantità dei turnover (16) ad essere l’aspetto più preoccupante, ma piuttosto i protagonisti e il peso di tali errori: Banks ne perde ben 7, due a testa Fernandez, Grazulis, Delia e Sanders, e sono quasi sempre palle perse in modo banale in momenti fondamentali come i tentativi di controbreak o i periodi di black out di avversari spesso fermi più di qualche minuto nelle realizzazioni. Trieste se non altro dimostra grande continuità nella sua prestazione: distribuisce difesa blanda e armi spuntate in attacco, subendo discretamente a rimbalzo, durante tutto l’arco dell’incontro, senza particolari picchi né in un senso né nell’altro. Le sue brevi “fiammate” coincidono con prolungati blackout marchigiani, che quando si riaccendono riprendono puntualmente quei pochi punti di vantaggio più che sufficienti da poter essere amministrati con agilità. A Pesaro è poi sufficiente un’accelerazione finale ed un minuto e mezzo in cui aggiusta la mira da lontano per accumulare anche un discreto patrimonio di punti da amministrare nello scontro diretto al ritorno. Lo spettacolo, già di per sé non particolarmente esaltante per gli esteti della pallacanestro, viene ulteriormente rovinato da un metro arbitrale eccessivamente fiscale, che specie nei primi tre quarti decide di sanzionare anche i giri d’aria da una parte e dall’altra, spezzettando fastidiosamente il gioco ed alzando inutilmente nervosismo e proteste.

L’Allianz viene parzialmente tradita dal suo giocatore più esperto: Banks dopo un inizio promettente si spegne, vittima di una cura particolare da parte delle guardie di Pesaro, capaci di sporcargli ogni linea di passaggio, lasciandogli pochi istanti per preparare i tiri o costringendolo a passaggi rischiosi spesso finiti con inevitabili palle perse. In regia non dispiace Corey Sanders, che però dimostra ancora una volta la scarsa propensione al tiro da fuori pur rimanendo pericoloso nell’attacco al ferro: ma una guardia che non guarda nemmeno il canestro sul perimetro permette alla difesa di rivolgere le proprie attenzioni sugli altri tiratori, e la pericolosità offensiva triestina si dimostra così un’arma spuntata. Appena le squadre avversarie prenderanno le misure al play biancorosso, per Trieste saranno veramente dolori se non riuscirà ad affrancarsi da questa monodimensionalità piuttosto castrante. Peraltro, Sanders è spesso distratto in difesa, viene richiamato dai compagni, viene fatto sedere a lungo in panchina. D’altro canto, Fernandez non vive un momento di forma esaltante, e questo si traduce anche in prestazioni balistiche non alla sua altezza. Il Lobito non riesce a dare la necessaria sferzata al ritmo dell’attacco triestino, rimasto pericolosamente piatto qualunque rotazione venisse proposta.

Discreta la prova di Marcos Delia, sicuramente il migliore dei suoi, ma la giornata anonima di Lever e la lite con il canestro di Grazulis, sommati all’assenza di Konate, rendono la sua missione qualcosa di simile alla scalata di una parete verticale.

Ora c’è da recuperare velocemente energia e morale in vista della importante sfida di domenica prossima contro Brescia. L’assenza di Konate nelle Marche si è rivelata evidentemente determinante, e questa rimane l’incongnita più pesante che grava sul match contro la Leonessa e, più in generale, sul futuro biancorosso. Accertamenti sono previsti nei prossimi giorni, la società non rilascia particolari sul tipo di malanno accusato dal centro maliano alla fine dell’allenamento di martedì per evidenti ragioni di privacy, e pertanto è impossibile anche ipotizzare tempi di rientro. Tempi che ormai dovrebbero essere piuttosto corti per Luca Campogrande, finalmente rivisto in panchina (ma non sceso in campo) a Pesaro.

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